ROMA – «Se perdiamo, sembra sempre colpa di Luis Alberto. Quando la Lazio vince, abbiamo vinto tutti. Io gioco per la squadra». Così raccontava il numero 10 spagnolo appena una settimana fa all’Olimpico dopo lo show con il Feyenoord. Lo sfogo di Sarri, giovedì notte in Danimarca, ha fatto scattare lo stesso automatismo all’interno del circuito mediatico, sui social, dentro la pancia della tifoseria. Generando la caccia al colpevole. La presunzione come germe insinuato all’interno del gruppo. Non in modo volontario, ma inconsapevole, ha specificato Sarri. «Non ci sono criticità nello spogliatoio». Eppure il difetto congenito resta. La parziale e successiva retromarcia del tecnico della Lazio («non vorrei passasse il messaggio sbagliato») non è bastata a spegnere il chiacchiericcio. Non si parlava d’altro ieri a Roma. E’ pesante la prima parte del discorso. «Se la motivazione sono io, faccio un passo indietro. Se fosse un giocatore, andrebbe venduto all’istante». Parlava del Mago? Anche Mau, nella notte danese di Herning, è andato in tilt. La manita del Midtjylland gli ha fatto male. Si è reso conto, quasi subito e in diretta, di essere andato oltre con le parole e forse di non essersi spiegato bene. Certi autogol possono risultare indigesti più di cinque gol al passivo. Rischiano di incrinare l’integrità dello spogliatoio, peraltro in armonia e compatto rispetto alla fase iniziale della passata stagione.
Il dilemma
Nessuno, però, è riuscito ad allontanare il collegamento automatico con Luis Alberto. Sarri non intendeva personalizzare, non ha fatto il suo nome e domani a Cremona spiegherà ancora meglio il concetto generale, riferito a una squadra che stacca la spina. Sullo sfondo restano le esclusioni frequenti, l’amore tecnico mai nato per il numero 10 della Lazio e un’estate vissuta in bilico. Non è un mistero. La società biancoceleste, con l’avallo di Mau, aveva deciso di cederlo e di sostituirlo con Ilic. Un’idea nata sulla base del desiderio di Luis Alberto, in fremente attesa di un’offerta importante del Siviglia, e della volontà di trattenere Milinkovic. Il club spagnolo, bloccato dai rigidi paletti finanziari imposti dalla Liga, non si è fatto avanti. Il Mago non è tornato a casa e Mau a Ferragosto ha ripreso a gestirlo cercando l’equilibrio giusto tra turnover, cinque cambi in corsa e triplice impegno settimanale nell’estate in cui Lotito ha allungato la panchina, guardando al futuro. E il centrocampista serbo del Verona resta un potenziale obiettivo a gennaio.
Tormentone estivo
Il timore di Sarri e dello staff era che Luis Alberto creasse disagi all’interno dello spogliatoio. Capricci indesiderati. «Sfumata la possibilità di tornare a Siviglia, l’ho rivisto con la testa alla Lazio» ha invece raccontato il tecnico. A volte, trapela, si allena bene. Altre meno. In ogni caso, è spesso decisivo in campo come era successo con il Feyenoord opppure entrando con il Verona. Giovedì sera in Europa League, a dire la verità, Luis Alberto era apparso tra i più ispirati nei primi 25 minuti. Non ci sono collegamenti con la partita. Certo quando il tecnico ha parlato di “squadra ferma, ritmi bassi e tocchetti invece di affondare” il pensiero è scattato di nuovo in automatico, lasciando in sospeso l’eterno dubbio. Perché Luis Alberto determina e resta, accanto a Milinkovic, l’unico in grado di accendere la luce in termini di estro, fantasia e colpi di classe con regolarità. La tecnica, di solito, viene prima del gioco da mandare a memoria. Se un allenatore riesce ad abbinare qualità e organizzazione, fa bingo. Altrimenti deve scegliere. Luis Alberto a Cremona? Panchina quasi scontata, non c’è quota.
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