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A distanza di 10 anni slitta ancora di qualche mese la fase conclusiva del processo a carico di 24 imputati, tutti presunti componenti di una banda composta da italiani, bulgari e romeni, dedita al riciclaggio di auto rubate in alcuni paesi europei. All’apice della piramide, secondo l’accusa, ci sarebbero stati un 50enne pugliese, ma residente a Bagnoregio, la compagna 40enne originaria della Romania, insieme al fratello del 50enne, anch’egli residente a Bagnoregio.
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Le contestazioni addebitate agli imputati riguardano i reati di associazione per delinquere finalizzata alla vendita di automobili rubate e falsificazione di documenti. In totale sono 11 le parti offese, tutte società di autonoleggio, con sedi in Italia e in Europa. Il procedimento scaturì da una vasta operazione, denominata “The river”, risalente al 2012, condotta dagli uomini della polizia stradale di Viterbo e coordinata dal pubblico ministero Massimiliano Siddi, che scoperchiò un’organizzazione che, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gestiva efficientemente un traffico di veicoli e aveva scelto la Tuscia come base logistica. Tuttavia, gli affari del gruppo si estendevano anche ad altre città italiane, prevalentemente del centro e del sud Italia, fino a sconfinare in altre capitali europee.
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Dalle indagini emerse che i membri del sodalizio si servivano di una macchina che nel viaggio lungo le autostrade anticipava l’altra che poi era quella destinata ad essere riciclata. Un escamotage utilizzato per intercettare i posti di blocco e altri imprevisti lungo il percorso. Quando poi i veicoli raggiungevano Viterbo veniva messo in moto il procedimento vero e proprio della falsificazione dei documenti e rivenduti tra Roma, Napoli e la Sicilia. In tutto furono 25 le vetture di lusso sequestrate, tra Bmw, Mercedes e Citroen, per un valore complessivo di un milione di euro. Salvo eventuali cambi di programma, il dibattimento riprenderà il 26 ottobre.