La FASTeR, federazione che riunisce sette associazioni scientifiche di Tecnici di Radiologia, è impegnata nel promuovere qualsiasi tipo di formazione e di educazione che possa finalizzare la crescita della professione. La presidente: «La nostra professione attualmente non ha ancora dei ruoli accademici riconosciuti incardinati nelle università, stiamo lavorando su questo»
L’unione fa la forza, anche e soprattutto nel mondo della sanità e dell’associazionismo scientifico. Ne è un esempio plastico la FASTeR, Federazione delle Associazioni Scientifiche dei Tecnici di Radiologia, un’Associazione di secondo livello iscritta all’Elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie istituito dal Ministero della Salute. Il suo scopo primario è la promozione e realizzazione di attività di ricerca tecnico scientifica e tra i suoi soci ci sono anche diversi Ordini TSRM PSTRP da nord a sud del Paese. «FASTeR si sta adoperando affinchè si possa crescere sempre di più in quelli che sono i percorsi di ricerca finalizzati alla crescita dei ruoli accademici» spiega a Sanità Informazione la presidente Patrizia Cornacchione che ricorda come uno dei problemi della professione sia l’assenza di docenti di ruolo TSRM nelle università. «Oggi abbiamo tre colleghi impegnati in dottorati di ricerca, stanno aprendo una strada che speriamo molti collegi vorranno seguire».
Presidente, la FASTeR è un’associazione di secondo livello. Cosa significa e perché è importante?
«A seguito della legge Gelli si è reso necessario identificare un’associazione di secondo livello che potesse essere rappresentativa della professione TSRM. Per poter creare questa tipologia di associazione bisogna avere dei requisiti specifici che siamo riusciti ad ottenere grazie alla riunione all’interno della FASTeR di tutte le associazioni scientifiche dei Tecnici di radiologia nonché di alcuni Ordini che hanno riconosciuto l’importanza dell’attività scientifica e della professione. Grazie a questo abbiamo una rappresentatività significativa di oltre il 30% sul territorio nazionale e ciò ci consente di essere capillari. Attualmente la FASTeR rappresenta circa 21mila tecnici di radiologia, comunque un numero considerevole, e contiamo sempre di più di lavorare per la crescita degli iscritti e per creare quell’identificazione da parte dei singoli professionisti nella specificità degli obiettivi della federazione stessa».
Su cosa sta lavorando FASTer attualmente?
«Tra gli obiettivi c’è quello di promuovere qualsiasi tipo di formazione e di educazione che possa finalizzare la crescita della professione. Stiamo lavorando a delle formazioni specifiche che focalizzano l’obiettivo della FASTeR, cioè la metodologia della ricerca. Questo perché FASTeR si sta adoperando affinchè si possa crescere sempre di più in quelli che sono i percorsi di ricerca finalizzati alla crescita dei ruoli accademici. Purtroppo, la nostra professione attualmente non ha ancora dei ruoli accademici riconosciuti incardinati nelle università, stiamo lavorando affinchè la crescita vada in questa direzione».
Se uno studente vuole fare ricerca lo può fare?
«La formazione esiste, ci stiamo lavorando. Stiamo cercando di incuriosire i colleghi nell’idea che questo tipo di percorso esiste e si può fare anche per i Tecnici di radiologia. Attualmente abbiamo tre colleghi che stanno frequentando un dottorato di ricerca. Fino a qualche anno fa sembrava impossibile. Abbiamo anche un unico collega che è già post doc. Confidiamo che alla fine di questi percorsi si possano avere già dei colleghi che possano fare da apripista su questo fronte. Attualmente abbiamo la possibilità di insegnare nei corsi di laurea come docenti a contratto, ma non siamo di ruolo. Contribuiamo alla formazione con le docenze a contratto sia nelle lauree triennali che nelle magistrali. I docenti incardinati sono altri professionisti quasi sempre medici dell’area radiologica, radioterapisti e medici nucleari».
Quali sono le associazioni confluite nella FASTeR?
«Sono sette associazioni rappresentative di diverse aree di competenza, tra cui la radioterapia oncologica e fisica sanitaria con AITRO, abbiamo AITRI per la radiologia interventistica, AITeRTC esperti in TAC e radiologia convenzionale, AITeRS specialisti in senologia, abbiamo anche AITASIT che è l’associazione rappresentativa degli amministratori di sistemi i professionisti che si occupano della parte della gestione dei dati e delle immagini, AITRS dell’area di sonoghraphers e ASIS che si occupa dell’Imaging sanitario».
A un giovane che si è appena diplomato, che magari ha una passione per l’area medica perché consiglierebbe di intraprendere questa professione?
«Da 18 anni mi sono sempre occupata della radioterapia oncologica, una delle quattro branche rappresentativa della nostra professione. Quando capita che i ragazzi approcciano a questo tipo di percorso pensano al tecnico di radiologia come colui il quale fa semplicemente le radiografie, poi scoprono un mondo. A loro dico: siate curiosi di sapere quante cose potete fare con questa professione, non accontentatevi di quello che è di vetrina, perché in realtà c’è anche tanta assistenza, la parte della radioterapia oncologica è molto assistenziale e va anche oltre il rapporto che c’è con la tecnologia. È anche assistenza e umanizzazione delle cure. Oggigiorno la si può interpretare come una professione che interagisce in modo sinergico con tanti professionisti della salute contemporaneamente finalizzando qualità e sicurezza per i percorsi diagnostici e terapeutici per i pazienti».
Con quali professionisti interagite maggiormente?
«Medici, fisici, fisici medici, terapisti, medici nucleari, radiologi, infermieri. In ognuna dele nostre branche specifiche di competenza ci sono diverse figure professionali. Ovvio che l’area radiologica medica è quella più rappresentativa perché sono quelli con cui ci interfacciamo direttamente»
Voi potete anche consigliare al medico se fare un esame piuttosto che un altro?
Ognuno deve agire per quelle che sono le proprie competenze. Quello che noi auguriamo è che si possano creare dei team interdisciplinari dove ognuno diventa un valore aggiunto per finalizzare l’obiettivo e migliorare costantemente i percorsi di cura dei pazienti, sempre nel rispetto delle proprie competenze ma dove ognuno è un valore aggiunto per l’ottimizzazione del percorso».
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