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Viterbo, Confcommercio: “Esercizi chiusi un'ora prima per abbattere i costi”

Chiudere i negozi qualche ora prima in modo da abbattere le bollette elettriche e del gas. E’ l’ipotesi che le associazioni di categoria stanno valutando per attutire gli effetti dei rincari dell’energia .  Leonardo Tosti, presidente di Confcommercio Lazio Nord (province di Viterbo e Rieti) dice: “Sono stato tra i primi, addirittura mesi fa, a proporre di ridurre gli orari ma la cosa non piace, in modo particolare alla ristorazione e alla grande distribuzione”. 

Tosti propone di aprire i negozi alle 10,30 e chiuderli alle 18,30, senza pausa pranzo. “In questo modo – spiega – la mattina si risparmia sul riscaldamento e la sera sull’energia elettrica. Anche i ristoranti dovrebbero, a mio avviso, chiudere tra le 22,30 e le 23. E’ assurdo, visti i rincari, continuare a lavorare fin dopo la mezzanotte. I guadagni sarebbero annullati dalle spese”. La proposta di riduzione dell’orario per i negozi riguarda anche la grande distribuzione.

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“Chiaramente – commenta ancora Leonardo Tosti – i sindacati della grande distribuzione sono stati i primi ad opporsi. Ormai siamo abituati ai centri commerciali che si frequentano ad ogni ora del giorno e della sera. Operare una riduzione di orario in queste strutture è veramente complicato. Eppure qualcosa, vista la situazione che stiamo vivendo, occorre farla. Speriamo solo che l’andamento al ribasso delle tariffe energetiche non si arresti, altrimenti i costi tornerebbero subito a salire”. 

Il settore commerciale, evidenzia Tosti “è uno snodo fondamentale dell’economia dei territori”. La proposta di rimodulazione degli orari avanzata da Confcommercio Lazio non prevede un intervento da parte delle istituzioni locali: “E’ il Governo che dovrebbe intervenire con uno specifico decreto”, specifica infatti il presidente. Sarebbe un modo per fermare inevitabili proteste e distinguo da parte dei vari territori. Appare tuttavia difficile che il Governo possa intervenire in tal senso, con il rischio di scatenare proteste da parte degli operatori e dei sindacati. Eppure, prosegue Leonardo Tosti, “le nostre imprese stanno subendo considerevoli aumenti dei costi delle materie prime e delle utenze che non possono essere scaricati sui consumatori finali che, a causa degli aumenti in corso, hanno ulteriormente ridotta la propria capacità di spesa. Non è possibile fare impresa in questa condizione di grande incertezza che impedisce una programmazione degli acquisti e realistiche previsioni di vendita”. 

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