Dybala sotto flessori; Pellegrini in panchina insieme a Matic, entrambi per precauzione; Abraham con la febbre eppure in campo prima di essere fatto fuori – involontariamente – da Mancini; Smalling ammonito e solo virtualmente limitato. Lo stesso Mourinho influenzato; a completare la lista, il suo secondo Foti squalificato fino al primo marzo. E allora dentro alcuni survivor, i resti del mondo Roma, più l’esordiente dal primo minuto Solbakken, preso da Pinto (un merito) e non richiesto dal tecnico che s’era dato tutto il mese di gennaio per capire se tenerlo o prestarlo; Solbakken che, lo ricordo, per errore non è stato inserito nella lista Uefa e che Mou ha staccato dalla fascia per dargli una nuova posizione, un ruolo sensibile.

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La verità dei fatti
I punti conquistati, strappati sempre con tanta sofferenza e il gioco che la squadra può permettersi, ma con un impegno commovente da parte di Bove ed El Shaarawy, Mancini e Belotti, Cristante e Ibañez e Spinazzola, sono 44 e premiano soprattutto la professionalità e le conoscenze tattiche di Mourinho. Io non lo difendo a prescindere, come qualcuno sostiene. Il verbo è sbagliato: lui, il Migliore, non ha bisogno di essere difeso, ha sempre fatto tutto da solo e bene. Anzi, strabene. Difendo la verità dei fatti, provo a informarmi e molto spesso riesco, riusciamo a raccontare ai lettori quello che sta succedendo e potrebbe verificarsi. Quando scrivo che non confrontandosi da settembre con l’allenatore i Friedkin gli mancano di rispetto – e sottolineo “inconsapevolmente” – è perché è così: non sono fantasie. E se rimarco che il settlement agreement può indurre la Roma a vendere Abraham e Ibañez, i pezzi pregiati, e a rinunciare all’indispensabile (oggi) Smalling, altro stipendio alto, è perché è così: non sono altre fantasie.
Non difendo Mourinho, difendo il suo lavoro
Non difendo Mourinho e nemmeno me stesso: quando sento dire che polemizzo perché sarei alla ricerca di visibilità, mi vien voglia di chiamare l’editore, Marco, la Rai, Linus, Mediaset, Brandi e anche Milly Carlucci e la mia compagna per sapere se di recente è cambiato qualcosa. E tollero la radio che per vent’anni mi ha pagato per intervenire ogni giorno in diretta e ho salutato poiché schifato da un processo istruito ovviamente in mia assenza (e collaboravo ancora); tollero la radio delle premesse, dicevo, che parte da “è un caro amico ma…” prima che gli ex cari amici, non tutti, si mettano a diffondere falsità. Un classico: se non si conoscono fatti e retroscena, la si risolve attaccando questo o quel giornale, questo o quel giornalista. Fa ascolto. E traffico. Previa premessa, naturalmente: è un caro amico… Caro perché costoso. Non difendo Mourinho, il cui arrivo alla Roma è la cosa migliore fatta dai Friedkin in questi anni, subito dopo il versamento di 800 milioni. Difendo il lavoro, i fatti, le confidenze, le opinioni e anche le mie simpatie derivate dalla stima. E sono sempre pronto a farlo di persona, anche di fronte a una telecamera, come ho scritto a chi ha mostrato un mio messaggio cancellato che non lo riguardava: purtroppo l’iphone o la mia imperizia recapita messaggi a liste casuali di destinatari. Ne sa qualcosa l’ad della Juve Scanavino che qualche giorno fa ha ricevuto questo wapp; “è la tua? Geniale”, sotto la foto di una Yaris che sul sedile del passeggero aveva applicata un’immagine di papa Francesco. Non si può, né si deve, piacere a tutti: la vita è strana e piena di cose inspiegabili. Come Matteo Messina Denaro, il capo dei capi, che non si perde una puntata della maratona di Sex and the City.
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