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Cospito, presidio anarchico davanti alla Cassazione: al vaglio il ricorso del legale del leader anarchico

Roma. È in corso il presidio contro il 41 bis davanti alla Corte di Cassazione. Attualmente, i giudici della Suprema Corte sono riuniti in camera di consiglio per decidere sul ricorso presentato dal legale di Cospito per chiedere la revoca del regime detentivo al quale è sottoposto. Cospito – detenuto da oltre 10 anni al Bancali di Sassari per la gambizzazione dell’amministratore di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi – è in sciopero della fame dallo scorso 30 ottobre. 

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Il presidio anarchico davanti alla Corte di Cassazione  

‘È finito il tempo delle manifestazioni e dei cortei. Da oggi inizia il momento della lotta, Non lasceremo morire Alfredo senza tentare il tutto per tutto. Lui mette in gioco la sua vita e noi mettiamo in gioco la nostra. Se Alfredo muore sarà l’inferno per i ricchi in questo paese, sarà la lotta’. Queste le parole dell‘anarchico Lello Vallitutti al megafono davanti alla Corte di Cassazione durante il presidio contro il 41 bis. Nel corso del comizio, inoltre, sono stati ricordati anche ‘i compagni delle Brigate Rosse che sono al 41 bis’.

Mentre il presidio è in corso, i giudici della Suprema Corte sono riunti in camera di consiglio per decidere sul ricorso presentato dal legale di Alfredo Cospito. Ricorso che ha come obiettivo quello di chiedere la revoca del regime di carcere duro al quale è sottoposto l’uomo. In merito va ricordato che Cospito, con il proprio sciopero della fame, non ne chiede la revoca solo per se stesso ma in generale e continuerà a non nutrirsi finché la propria istanza non troverà accoglimento. 

Lo sciopero della fame e la detenzione

Cospito è in sciopero della fame dallo scorso 30 ottobre. Diverse le manifestazione degli anarchici che nel corso di questi mesi si sono avvicendate per mostrargli solidarietà e vicinanza in questa sua battaglia. Per quel che riguarda la sua detenzione, l’uomo stato dapprima trasferito nel penitenziario di Opera, a Milano, per le sue precarie condizioni di salute e poi nel reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo sempre a Milano. 

Foto di repertorio

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