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Dopo diciotto anni l’Accademia cambia guida. “Ho sempre trovato qualcosa di speciale in questa orchestra, il suo livello è elevatissimo, ma non è solo una questione di suono”, dice al Foglio il nuovo direttore
Il nome circolava da mesi. La conferma è arrivata lunedì scorso un po’ in ritardo rispetto ai tempi con cui le istituzioni musicali nominano i direttori musicali. Alla fine l’Accademia nazionale di Santa Cecilia ha scelto l’inglese Daniel Harding come successore di Antonio Pappano (che diventerà direttore emerito). L’incarico, quinquennale, partirà dall’ottobre 2024. Per un anno l’orchestra ceciliana sarà quindi senza una guida stabile e questo conferma qualche difficoltà nell’individuare un degno sostituto di Pappano. Ma il presidente-sovrintendente di Santa Cecilia, Michele dall’Ongaro, principale artefice della nomina di Harding, fa buon viso: “Non è la prima volta che l’orchestra affronta un periodo di attività priva di un direttore musicale e credo che, in un arco di tempo limitato, la molteplicità di stimoli prodotta da direttori diversi possa comunque farle bene”.
Dopo diciotto anni Pappano scende dunque dal podio che l’ha visto affermarsi in tutto il mondo. Un incarico che ha prodotto tanta ottima musica e ravvivato un’orchestra desiderosa di confrontarsi con le altre grandi formazioni europee. Il merito che più si riconosce a Pappano è proprio questo, aver migliorato tutte le compagini con un programma preciso che prevedesse un ampliamento del repertorio, collaborazioni sempre più prestigiose e uno sguardo aperto verso il panorama internazionale. Confronti che non dovevano spaventare ma stimolare. I risultati si sono visti e i dati sono sotto gli occhi di tutti. Santa Cecilia in questi anni – pur mantenendo un carattere musicale propriamente italiano – ha affrontato il grande repertorio sinfonico austro-tedesco qui in Italia ma anche dove quelle partiture sono nate. Suonare Mahler a Vienna o Rachmaninoff a Mosca non è scontato. I risultati si sono visti anche grazie al clima che Sir Tony è riuscito a ricreare con i suoi musicisti. “La mia famiglia”, ha ripetuto spesso: un’orchestra di cui potersi fidare che ogni sera “avrebbe dato tutto per portare il risultato a casa”.
Harding troverà una realtà musicale e organizzativa solida che non richiede capovolgimenti. I ruoli sono ben distinti e il presidente Dall’Ongaro è garanzia di equilibrio tra direttore musicale e orchestra. Sicuramente Harding – che è stato fan, da teenager, e poi assistente di Claudio Abbado – dovrà inserirsi nel solco tracciato da Pappano: un percorso scandito dalla fiducia nei musicisti di Santa Cecilia, dal grande coinvolgimento di tutte le componenti e dall’attenzione al carattere dell’orchestra. “Ho sempre trovato qualcosa di speciale in questa orchestra (il primo concerto di Harding sul podio dell’Accademia risale al 1997, quando aveva 22 anni, ndr), il suo livello è elevatissimo, ma non è solo una questione di suono”, ha detto al Foglio. “A colpirmi è l’atmosfera che sa creare. Non mi piacciono i cliché nazionalisti, e tuttavia capisco quando qualcuno evoca la parola ‘italianità’ per l’Orchestra di Santa Cecilia: per me è la loro versatilità, la loro generosità comunicativa, l’amore che fanno percepire per la musica”.
Sarà importante chiarire gli obiettivi e i punti sui quali migliorare. I progetti non mancano. Dal 2024 Deutsche Grammophon pubblicherà le registrazioni delle serate inaugurali: la prima, nell’ottobre 2024, con Tosca di Puccini, nell’anno che celebra l’anniversario del compositore. Nel corso delle prime due stagioni da direttore musicale Daniel Harding proporrà poi il ciclo integrale delle sinfonie di Mahler. E più in generale, il direttore inglese ha prospettato programmi attenti al grande repertorio sinfonico tra Otto e Novecento ma anche alla “nuova musica”.
Harding dovrà anche conquistare il pubblico romano. Dalle parti di viale de Coubertin non è sconosciuto ma si dovrà immaginare una strategia per ampliare la platea. Non basta trattenere l’aumento dei biglietti. Serve un progetto forte che coinvolga i conservatori, le scuole di ogni ordine e grado e le tante istituzioni culturali che popolano la Capitale. Legatissimo a Roma, peraltro, il progetto di proporre capolavori della musica sacra nelle più belle chiese della città: il primo appuntamento, nel 2024-25, ha già un titolo in programma, la Messa da Requiem di Verdi (e sarà la seconda registrazione per Dg).
C’è tanto da fare. In primis chiudere questa stagione e – siamo curiosi – capire come sarà organizzata la nuova. Quella senza Pappano e in attesa di Harding. Forse è questa la prima sfida che attende l’Orchestra di Santa Cecilia.