“Giorgia Meloni ritorna a parlare ai suoi amici della ultradestra di Vox. Questa volta, più astutamente adotta toni pacati e composti. Ormai è da settimane che cerca di ostentare il proprio volto rassicurante per conservarsi nelle grazie del tanto (da lei stessa in passato) vituperato establishment, a cui ha assicurato, evidentemente, che certi interessi non verranno toccati”. Così Giuseppe Conte è intervenuto su Facebook a commentare il video con cui la leader di Fdi ha partecipato alla convention della destra spagnola. “Qualcosa se l’è fatta scappare però – ha scritto Conte – dice di voler fare come i suoi amici polacchi, che hanno portato al governo idee e misure di marcato carattere reazionario e antidemocratico. Se il modello di governo è quello polacco la avvertiamo subito: noi non permetteremo in nessun modo arretramenti sui diritti e sui presidi democratici in Italia. Sia chiaro”, ha concluso il presidente del M5S.
Le parole di Conte arrivano al termine di una giornata di apparente calma politica, rotta solo in serata dal segretario del Pd, Enrico Letta, che, intervistato a Che tempo che fa, su Rai Tre, è tornato a parlare dei destini del Partito democratico e soprattutto a chiedere un fronte comune delle opposizioni contro il nascente governo di Giorgia Meloni. Proprio a Conte Letta si è appellato chiedendo che i trascorsi di governo non influenzino il lavoro in Parlamento nella prossima legislatura. “Il M5s ha svolto un ruolo importante, noi governiamo con loro” in alcune regioni come il Lazio, dove si tornerà al voto, ha detto Letta, “io spero che faremo un’opposizione il più unitaria possibile, altrimenti faremo il regalo più grande a Giorgia Meloni e al suo governo che ne avrebbero un vantaggio”. Sarà “una legislatura di battaglia”, ha aggiunto Letta.
Nell’attesa, la competizione si gioca tutta nel campo del centrodestra, chiamato a risolvere questa settimana i nodi sulla distribuzione delle caselle di governo. L’idea di Fratelli d’Italia è quella di arrivare quanto prima alla scelta dei presidenti di Senato e Camera (La Russa e Molinari dati quasi per fatti), poi a cascata tutto il resto. Con il difficile bilancino – saldamente in mano a Giorgia Meloni – per calcolare pesi e contrappesi da distribuire tra gli alleati. A due settimane dal possibile incarico – lo dicono gli stessi fedelissimi della leader di Fdi – le indiscrezioni iniziano ad avere contorni più concreti. Tra queste lo schema 5+5: ovvero cinque ministeri alla Lega e altrettanti a Fi (ma con il Carroccio, più forte elettoralmente degli azzurri, a prendersi un ramo del Parlamento).
Forza Italia, di contro, si vede avanti nelle quotazioni per gli Esteri con Antonio Tajani (il suo nome viene fatto anche per il dicastero della Difesa) che fa pesare un curriculum di 27 anni nelle istituzioni europee. Nome che darebbe quella “continuità con il Governo Draghi in alcuni aspetti su cui abbiamo condiviso alcune scelte” – per dirla con Adolfo Urso intervenuto a In Mezz’ora in più su Rai 3 – “in politica estera e sulla difesa”.
Discorso a parte sono i malumori che filtrano sia dalla Lega che da Forza Italia. Se Berlusconi continua ad impegnarsi in un difficile braccio di ferro per dare un incarico di “Fascia A” alla fedelissima Licia Ronzulli (Salute, Infrastrutture o Agricoltura, i desiderata), Salvini non molla l’idea del Viminale (anche se non per sé, ormai) delle Riforme e Autonomie e – anche lui – delle Infrastrutture e Agricoltura. Ma nel computo dei ministeri in quota Lega, avverte, non si devono considerare eventuali tecnici d’area. Anche sui tecnici è stato Urso a fare chiarezza: “Nel Governo ci saranno tecnici d’area, personalità che per la loro storia hanno scelto un campo ed hanno condiviso il nostro programma, ma questo – assicura anche gli alleati – sarà un Governo politico, con una maggioranza politica. Il primo dopo 11 anni”.
Ciò che resta scoperto e che potrebbe essere una delle ultime scelte di Meloni premier, è il ministero dell’Economia. Tramontato lo spacchettamento, metabolizzata la pesante rinuncia di Fabio Panetta (su cui il pressing però prosegue), i nomi che circolano per la scrivania che fu di Quintino Sella sono sempre quelli di Siniscalco, Saccomanni, Scannapieco e Ignazio Visco. Più indietro l’ipotesi Giorgetti (suo il nome in alternativa a Molinari per la guida di Montecitorio). Se, infine, dovesse confermarsi la volontà di un ministero della Famiglia (o Natalità), in corsa ci sono Lavinia Mennuni, Isabella Rauti e Eugenia Roccella, tutte di Fdi, o le leghiste Simona Baldassarre e Erika Stefani (anche con la delega alla disabilità che ha tutt’ora).
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