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LATINA – In assenza di un sindaco eletto, è stato il commissario straordinario al Comune di Latina, prefetto Carmine Valente, a tenere il discorso ufficiale in occasione dell’anniversario dell’inaugurazione della città. Al termine del corteo con le autorità, preceduto dalla Banda Città di Latina che ha accompagnato i momenti solenni della cerimonia per il 90°, il prefetto Valente, forte dell’esperienza maturata come capo ufficio stampa di 10 ministri dell’Interno della Repubblica, dopo aver citato gli ultimi tre sindaci di Latina, tutti intervallati da altrettanti commissari, ha svolto un’analisi a tutto tondo, descrivendo una Latina che non si è fino ad ora dimostrata all’altezza dei suoi sogni e dei suoi progetti. Di seguito il discorso integrale del prefetto Valente.

IL DISCORSO  – Qui anche in versione audio

IL TESTO – Questo omaggio al monumento del bonificatore è più di un semplice rito. È una ricorrenza, un momento di riflessione.

Uno sguardo al passato ma con gli occhi ben puntati sul futuro.

Ricordiamo oggi chi ha fatto grande la città.

La nostra storia esempio di dedizione al lavoro sacrificio e

sofferenza ma anche di straordinaria integrazione tra culture ed etnie.

Questa città vive grazie all’opera e allo spirito di tanti pionieri,

centinaia migliaia di persone che hanno lavorato per anni fino a

trasformare le paludi in un agro pontino fertile e ricco.

Latina fu pensata e disegnata nello spazio e realizzata a misura

d’uomo. Miracolo di quell’umanesimo profondo e intenso che si è

esaltato nell’impegno, nel lavoro e nella realizzazione dell’opera

di bonifica assurta ad epopea.

Al monumento del bonificatore tutta la città si stringe in un

abbraccio ideale per tributare gratitudine riconoscenza onore ai

pionieri che a prezzo di indicibili sacrifici spesso pagati con la

morte, hanno saputo sconfiggere l’ostilità della natura e rendere

salubre e prospera questa terra.

La storia della città fatta non solo di lavoro e sacrificio ma anche

di speranza e di successo. I latinensi son forgiati per superare le

situazioni più difficili: strappare questa terra alle paludi e

impegnarsi a far convivere e coesistere culture diverse per un

comune senso di identità e di cittadinanza.

Il progetto di sviluppo e il patrimonio di valori sono ancora attuali

e si perpetuano. E vanno ancor di più alimentati e praticati per

essere protagonisti del proprio futuro. Ma questi valori non

sarebbero niente se non coniugati con il tema più generale del

rispetto delle regole.

E in ultimo Pennacchi:

“fu un esodo. E noi arrivammo a Piscinara che era già

prosciugata. Una tabula rasa. Un tappeto di biliardo. Neanche un

albero all’orizzonte di tutti quei boschi e foreste che secondo zio

Pericle c’erano prima pullulanti di bestie e briganti assassini

scappati dai paesi loro, sopra le montagne. Neanche più una

goccia d’acqua, un filo d’erba e noi arrivammo in 30000 a

popolare come birilli inermi questo tappeto di biliardo, un vuoto

senza fine, tutto asciutto e terra vergine. Sembrava il deserto”.

Queste frasi molto belle che vi ho letto sono state estrapolate dai

discorsi tenuti in questo giorno dai miei predecessori negli ultimi

20 anni: I sindaci Zaccheo, Di Giorgi e Coletta che ringrazio per

la presenza e i commissari Nardone e Barbato.

Sull’epopea e la grandiosità dell’opera dei bonificatori non

aggiungo altro.

Intanto, auguri di buon novantesimo compleanno carissima città

di Littoria-Latina. Faccio mia l’osservazione di un amico ascoltata

durante una piacevole serata di un convegno. Si sostenne che non

ha senso stabilire un prima (Littoria) e un dopo (Latina) come se

ci riferissimo a due città diverse arrivando quasi a rinnegare la

prima per un senso di pudore peloso, ma la verità è che non ci

sarebbe Latina senza Littoria e viceversa perché sono la stessa

cosa, un unicum storico. Credo che questa verità vada affermata e

sostenuta anche nei confronti di chi in nome di un significato

politico negativo ne sostiene l’oblio. È proprio l’origine e il nome

di questa città che invece ne connotano l’essenza. La città nasce

novant’anni fa ed è sotto gli occhi di tutti quello che, pezzetto

dopo pezzetto, è diventata.

Non dimentichiamolo.

Porgo infine i miei più calorosi saluti alle Cittadine e ai Cittadini

di questa città che sto imparando velocemente ad apprezzare. Mi

compiaccio della presenza speciale del Vescovo Crociata vera e

apprezzata guida spirituale che con le sue omelie traccia e

illumina il cammino. Grazie per la sua presenza. Saluto

affettuosamente il Prefetto Falco che ringrazio per avermi dato

fiducia e affidarmi questo delicato e difficile incarico, e poi un

benvenuto al Questore che da poco ha assunto la nuova

responsabilità, al comandante dei carabinieri e della guardia di

finanza e a tutte le autorità civili e militari presenti. Un pensiero

particolare inoltre va alla magistratura tutta che tutela e vigila sul

rispetto delle leggi, ai parlamentari e ai rappresentanti politici di

questo territorio. E ancora saluto gli esponenti del commercio e

delle imprese, gli ordini religiosi, i sindacati i Vigili del Fuoco e

la Polizia Urbana, grazie per l’opera meritoria che prestate. Un

benvenuto infine ai Sindaci intervenuti che con la loro presenza

danno un segno tangibile della vicinanza delle comunità che

rappresentano a questo Comune di fondazione.

Spero di non aver dimenticato nessuno.

Ebbene!

Non nascondo che provo una punta di lieve disagio nello stare

qui, proprio qui oggi e a dover festeggiare il genetliaco di questa

bella e particolare città. Nei giorni scorsi non nascondo mi

balenava in testa questo pensiero che in effetti era una domanda:

cosa c’entro io straniero calato dall’alto e non in grado ancora di

percepire fino in fondo la vera identità e lo spirito che anima

ciascuno di voi con questa manifestazione? Chiunque altro

potrebbe esprimere meglio di me i pensieri che pure mi animano e

raccontare storie e fare analisi più puntuali per l’occasione e

arricchirle di particolari molto più interessanti e attinenti rispetto a

quello che potrò dire io.

Non parlerò pertanto della storia e della cronaca degli ultimi 90

anni ma di impressioni che non sono ancora convinzioni e quindi

destinate a mutare, avute in questi primi mesi del mio mandato di

Commissario straordinario.

Comincio da due considerazioni. La prima di carattere generale.

Partendo da piazza del Popolo e passeggiando in quello che

l’architetto Oriolo Frezzotti aveva pensato come il cerchio, si

incontra tutto quello che dalla sua fondazione, il 30 giugno 1932,

ad oggi è successo in questa città: edifici di fondazione accanto a

grattacieli degli anni ‘60 e ‘70, il campus Universitario che negli

anni della guerra era stato realizzato come un campo profughi, il

teatro D’Annunzio costruito negli anni ’80 e aperto nel ’90, le

rotonde degli anni ’90, la difficile costruzione di una identità

condivisa e di aree aperte degli anni 2000.

Osservando questo territorio mi è saltato subito agli occhi il modo

in cui è distribuita la città senz’altro molto particolare. I pionieri

fin dall’origine, m’immagino, si siano distribuiti su un territorio

vastissimo anche per necessità di avere unità agrarie sufficienti a

sfamare le loro famiglie e abbiano costituito comunità diverse

legate in modo approssimativo al nucleo centrale storico, a cui

avranno sì riconosciuto la centralità ma per distanza e per

comodità hanno poi dato vita a centri separati con proprie scuole,

proprie chiese, proprie luoghi di aggregazione.

Proprio grazie al lavoro dei vertici dell’Opera Nazionale

Combattenti entra a far parte del lessico delle città nuove il

termine “Borghi”. Pare che “il Borgo non sarebbe dovuto

diventare una città vera e propria ma costituire solo il centro fisico

di una civitas di campagna, centro che oltre a fornire servizi

funzionasse da fulcro, snodo e condensatore sociale della

communitas sparsa per tutto il territorio”. (Pennacchi).

Ovviamente i borghi di questa città sono oltre che una

connotazione unica dello sviluppo anche una ricchezza

diversificata ma non può sottacersi che questi hanno avuto o

subito uno sviluppo separato a ciò contribuendo certamente la

miopia di alcune scelte politiche che non hanno favorito una

perfetta integrazione, come ad esempio una viabilità precaria che

li ha tenuti ancora più distanti rispetto alla distanza fisica dal

centro, laddove sarebbe stato necessario avvicinarli, cooptarli

ricomprenderli il più possibile e farli diventare quartieri di una

stessa grande città. Siamo difronte invece a tante piccole città

separate dal nucleo centrale propriamente inteso.

Cerco di spiegarmi meglio.

Emanuel Mounier diceva “organizzare lentamente le prossimità in

comunità” Cioè una vera comunità si forma quando alla base vi

sono relazioni e solo lentamente queste relazioni di dare e avere

portano alla creazione di vere e proprie comunità. Usa l’avverbio

lentamente per dire che una comunità è difficile da creare perché

occorre che le relazioni tra gli abitanti siano continuative e

costanti. Mi sembra ma posso sbagliarmi che le relazione nei

singoli Borghi hanno senz’altro creato comunità vere ma c’è da

chiedersi se la stessa cosa sia avvenuta attraverso le relazioni tra i

Borghi e il centro cittadino e se quel lentamente a cui fa

riferimento il filosofo Mounier si sia compiuto.

Seconda considerazione

Negli ultimi 20 anni in questa città si sono succeduti tre Sindaci e

tre Commissari compreso me. Ciò a dire che ogni 5-7 anni la

compagine politica ha dovuto cedere il passo all’arrivo di un

Commissario. E prima degli anni 2000 è capitato altre volte con

una certa regolarità. Perché? Appare come un sintomo di forte

disagio che la comunità vive e che evidentemente non è stato

ancora risolto. Certamente andrebbe fatta un analisi più

approfondita per capire se questa patologia, chiamiamola così, sia

occasionale e le cui motivazioni siano da ricercarsi in molteplici

ragioni ogni volta che accada oppure è un vero e proprio modo di

essere dei rappresentanti della comunità che ad un certo punto

esprimono una forma di insoddisfazione e di conflittualità che

sfocia nel desiderio di cambiamento. Questo non vuole essere un

giudizio di valore sia chiaro ma una semplice osservazione, altri

meglio di me sapranno dire. Io non ho una risposta in proposito.

Ovviamente i rappresentanti che vengono votati sono espressione

di una comunità che in loro si riconosce, come è giusto che sia e

ritengo che i conflitti e le insoddisfazioni che essi hanno

rappresentato sono insiti nella stessa comunità che li ha generati.

E’ come dire che l’idem sentire si estrinseca ad un certo punto in

una rappresentazione conflittuale. Tuttavia Albert Camus

sosteneva che “la politica deve, per quanto possibile, essere

riportata nei suoi giusti termini di contorno. Il suo fine non deve

essere quello di fornirci un vangelo o un catechismo, né morale né

politico (…) il ruolo della politica è di tenerci in ordine la casa,

non di occuparsi delle questioni intime”.

E allora io dico non permettiamo che la politica si occupi delle

questioni intime ma pretendiamo che questa tenga in ordine la

casa. E questo ahimè! non è sempre successo anche per

superficialità o impudenza e qualche volta addirittura per dolo

dell’apparato burocratico. Ma la nomenclatura amministrativa e

non mi riferisco soltanto a quella comunale va seguita,

controllata, indirizzata e anche sanzionata ove occorra.

Ho potuto osservare che alla grossa spinta progettuale davvero

di grande livello non ha corrisposto sempre la dovuta attenzione

nella fase della realizzazione delle idee.

Bisogna pretendere che la visione della città del futuro venga non

solo definita con accortezza, intelligenza e condivisione ma che

questa non venga modificata ad ogni soffio di vento a seconda

delle convenienze del momento. Si deve poter pretendere non

solo che i particolarismi realizzati con scelte occasionali vengano

contrastati e aboliti, ma soprattutto che le scelte strategiche

vengano perseguite attraverso un rigido controllo sociale e che le

attività e i progetti vengano anche proseguiti con la massima

attenzione anche da chi viene dopo e anche se la pensa

diversamente.

Con i soldi pubblici non è dato scherzare né essere superficiali e

disattenti.

Dobbiamo pensare a una dimensione urbana in cui ogni cittadino

ha i servizi di prima necessità a una distanza congrua. Servizi che

comprendono quelli commerciali, culturali e scolastici ma anche

la Sanità stessa, se consideriamo ambulatori e centri diagnostici. Il

lavoro che si deve fare sul decentramento è strategico e

fondamentale. L’urbanista Stefano Boeri sostiene la necessità di

servizi accessibili e raggiungibili entro un raggio geografico di

500 metri a piedi o in bicicletta. Credo, sostiene sempre Boeri sia

importante tornare a vivere gli spazi seguendo la logica del

quartiere autosufficiente o del “borgo urbano”.

Cari cittadini di Latina mi avvio alla conclusione ma consentitemi

prima di sottolineare che queste mie osservazioni oneste e dettate

dal cuore sono espressione di rispetto verso questo territorio che

vogliono guardare al futuro e non certamente al passato con la

consapevolezza che le innumerevoli energie positive che questa

città esprime e contiene verranno indirizzate sempre meglio verso

il benessere e il progresso.

Non dimentico e d’altra parte è sotto gli occhi di tutti quello che

in questi primi 90 anni è stato realizzato e come etnie e popoli

diversi si siano amalgamati sotto la spinta dei sacrifici fatti dando

luogo a questa comunità ancora acerba. Ne sono esempi le

numerose associazione di volontariato che operano con sagacia e

impegno, i circoli cittadini, i centri sociali, le comunità religiose,

le associazioni culturali che sempre di più si costituiscono e si

diffondono sul territorio e tutti quelli che si impegnano ogni

giorno nel terzo settore per non lasciar nessuno indietro

Insomma, care Cittadine e Cittadini vi lascio e concludo con

queste osservazioni spero costruttive e con la speranza che sempre

di più benessere e progresso possano arridere a questa terra

feconda facendole conquistare il posto che merita tra le grandi

città e le condizioni, vi assicuro, ci sono tutte vista anche la

giovane età di Latina. C’è ancora tutto il tempo.

Buon compleanno Latina.

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