«La condanna della Russia è scontata. Attribuire al movimento pacifista l’equidistanza fra aggrediti e aggressori è un triste gioco di certi politici. Non andremo al sit-in convocato sotto l’ambasciata russa. E non perché non diciamo che la Russia è l’invasore, o perché bombardare a freddo i bambini non sia un crimine di guerra. Ma perché questa è la fase propositiva. Con Europe for peace stiamo facendo un percorso propositivo per una Conferenza di pace».
Mao Valpiana, dell’esecutivo della Rete pace e disarmo, non vuole neanche sentire le condizioni di “certi politici” per partecipare alle iniziative: «Non ci vengano a fare la lezioncina sulla coerenza o sul purismo: fino a febbraio non sono stati di certo i pacifisti a considerare Vladimir Putin un interlocutore politico e commerciale. Europe for peace lancerà una grande manifestazione popolare, apartitica ma molto, molto politica».
Che poi è la stessa di cui parla il presidente del M5s, Giuseppe Conte, all’ora di pranzo, nell’auletta dei gruppi di Montecitorio, dove per la prima volta da eletto incontra i suoi neoparlamentari. «Sull’Ucraina da parte nostra non c’è nessuna ambiguità», dice, «solo una condanna della Russia. Abbiamo condannato anche questi ultimi attacchi, e dato sostegno alla popolazione ucraina. Ma il problema è che è scomparso il negoziato di pace. Per questo auspichiamo una grande manifestazione nazionale sulla quale non vogliamo mettere il cappello».
È lo stesso Conte che il 6 settembre diceva altro, e precisamente: «La pace va costruita, nessuno ci dica che Putin non la vuole». Ma gli è capitato altre volte di cambiare idea. Già da giorni i suoi parlano del 5 novembre, dopo aver lanciato la data del 4, e cioè quella della festa delle Forze armate. In realtà il giorno sarà deciso dal coordinamento di Europe for peace, che intanto sarà nelle piazze di molte città italiane il 21, 22, 23 ottobre.
Il Pd all’ambasciata russa
Alla futura manifestazione pacifista alcuni dem hanno già aderito preventivamente – da Peppe Provenzano a Laura Boldrini a Graziano Delrio – anche se è chiaro che Conte sta facendo di tutto per essere il principale protagonista politico di quella giornata. Un altro tassello della sua strategia di opa ostile sul Pd, che a sua volta, anche dopo il voto, perde ulteriori consensi.
Ma sarà difficile per il Pd condividere tutte le virgole della piattaforma pacifista, tentativo che pure è in corso. Ieri Letta era a Madrid alla cerimonia di premiazione a Josep Borrel, Alto Rappresentante Ue per gli affari esteri. Oggi alle 17 riunirà per la prima volta i gruppi parlamentari: il primo partito dell’opposizione rischia di inaugurare una stagione di isolamento nelle piazze ma anche nel palazzo.
Per evitarlo, e per non apparire un partito imballato nel dibattito congressuale, dai vertici del partito è scaturita l’idea di aderire al sit-in sotto l’ambasciata russa convocato il 13 ottobre dal Movimento europeo di azione non violenta. E lanciato dalle colonne di Repubblica. Fra le parole d’ordine, l’immediato cessate il fuoco e il ritorno ai confini precedenti al 24 febbraio, giorno dell’invasione russa.
Per quel giorno Letta in realtà aveva convocato un altro appuntamento sotto un’altra ambasciata, quella iraniana: sarà un mese dall’arresto della giovane curda Mahsa Amini, uccisa di botte dalla polizia di Teheran. Encomiabile duplice sforzo di protesta e solidarietà con le vittime, ovviamente. Ma mette ancora più in risalto la solitudine del Pd e del segretario uscente, che però continua a guidare il partito in una navigazione appartata anche dall’opposizione. Obiezione respinta dal partito: «La linea del Pd sulla guerra è netta dal principio. Partecipiamo a ogni iniziativa che abbia come obiettivo la pace e che allo stesso tempo non presenti ambiguità sulle responsabilità dell’aggressore, la Russia di Putin».
Quanto a Conte, «se il consenso fosse sul blocco navale, lui oggi sarebbe alle manifestazioni per il blocco navale». Fioccano le adesioni al sit-in. Ma vengono tutte e solo dal Pd, al massimo dall’alleato +Europa. Pazienza: l’ex presidente Matteo Orfini, per esempio, accusa il leader grillino di «utilizzare la pace per una divisione strumentale a fini interni. Conte è un trasformista. Ma quello che fa Conte riguarda Conte. Il cielo non gira attorno a Conte».
Sinistra per Conte
Il cielo forse no, ma qualche pezzo della sinistra politica già si mette a favore di vento e gira intorno al M5s. Dopo la migrazione di voti di Articolo 1 verso M5s, fenomeno piuttosto visibile nel dibattito social pre e post 25 settembre (e di cui Conte riservatamente si vanta), per il 22 ottobre un gruppo di ex volti noti della sinistra radicale, rimasti più o meno volontariamente fuori dalle liste, ha organizzato un’assemblea all’Acquario di Roma, per «rafforzare», dice la convocazione, «la direttrice progressista del M5s guidato da Conte». Dimenticata l’idea di partito delle rispettive precedenti militanze, l’obiettivo stavolta è far nascere un coordinamento che «si relazioni con il M5s e lavori alla costruzione delle condizioni per un rigenerato e credibile polo progressista».
Fra gli organizzatori, ex Sinistra italiana come Loredana De Petris e Stefano Fassina, ma anche Claudio Grassi che ancora è iscritto, e gli ecologisti Alfonso Pecoraro Scanio e Paolo Cento. «Conte ha azzeccato il posizionamento», spiega Cento, «costruiremo una gamba di un polo in cui Conte sarà il principale interlocutore. A partire dalle prossime regionali. Dove si deve azzerare il dibattito e costruire un nuovo percorso». «Non siamo pontieri», puntualizza Fassina, «siamo chiaramente collocati sul versante M5s. Vogliamo costruire con loro un rapporto che nel nostro vetusto lessico definiremmo organico». Conte sarà presente.
Anzi la data dell’iniziativa è stata scelta con lui. Eppure, obiettiamo, il presidente M5s ha già fatto sapere che non si siederà più al tavolo con Letta: non è già un no alla collaborazione con il Pd? «Da parte sua c’è interesse verso questo nostro coordinamento autonomo», secondo Fassina, «Il problema sta nell’attuale gruppo dirigente Pd. L’asse progressista va ricomposta. Sarà possibile solo se ci sarà un riposizionamento vero del Pd. Ma dev’essere un’operazione credibile, non l’operazione di un ceto politico di palazzo».
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