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Viterbo, killer della camorra a Ponte di Cetti. Emerge legame col clan Formicola

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Valeria Terranova

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Riprenderà a dicembre con le deposizioni di due agenti della squadra mobile di Napoli il processo a tre imputati che nel 2016 diedero ospitalità a due killer ventenni della camorra in un casolare di Ponte di Cetti. I due operanti dovranno chiarire i presunti legami di ciascuno dei tre imputati con il clan Formicola, di base nella zona est di Napoli, a San Giovanni a Teduccio, che ultimamente avrebbe messo radici anche nell’hinterland orientale di Napoli. La richiesta di sentire i due poliziotti che all’epoca seguirono le indagini è stata avanzata ieri in aula dalla difesa dei tre accusati relativamente alla contestazione dell’associazione di stampo mafioso contestata, tra le altre, al terzetto di coimputati.

Il mistero del tesoro mai trovato

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Il collegio del Tribunale di Viterbo presieduto dal giudice Elisabetta Massini dopo essersi ritirato in camera di consiglio ha accolto l’istanza difensiva. A sedere al banco degli imputati due cugini, di professione fioristi ambulanti napoletani, e un altro uomo, anch’egli campano, accusati di aver agevolato la latitanza di due sicari giovanissimi che furono arrestati sulla Cassia Sud a marzo 2016. Stando al quadro accusatorio prospettato dagli inquirenti, i due fiorai fino al 2014 avrebbero vissuto tra Tobia e Tre Croci, per poi trasferirsi in una cascina a Ponte di Cetti, presa in affitto con un regolare contratto di locazione, dotata di tutti i confort, persino di uno scantinato spazioso, che adibirono a magazzino, nel quale avevano collocato anche una cella frigorifera per conservare piante e fiori. Il 22 marzo 2016 nel corso di un blitz della polizia furono arrestati i due latitanti, entrambi ventenni, condannati all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di un 18enne.

Scarcerati i due presunti killer della camorra arrestati a Viterbo

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A maggio 2019 la pena fu ridotta a entrambi a 30 anni in secondo grado di giudizio per il delitto commesso il 5 febbraio del 2016 proprio nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. Nel corso del procedimento in questione che si sta svolgendo dinanzi al collegio del Tribunale di Viterbo a carico dei tre fiancheggiatori furono disposte le trascrizioni di 5 intercettazioni telefoniche e una captazione ambientale. Elementi acquisiti nel fascicolo e agli atti che inchioderebbero i tre imputati, i quali, come già specificato, secondo le accuse formulate nei loro confronti avrebbero assicurato un rifugio sicuro ai due ventenni fuggitivi nel casale a pochi chilometri dal capoluogo, dove finirono in manette nella primavera di ormai 6 anni fa. Il dibattimento proseguirà il 13 dicembre per l’audizione dei due agenti.

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