Quando in patria le difficoltà non mancano, meglio cercare il favore dell’estero. Benjamin Netanyahu sta seguendo questa strategia alla lettera, e dopo il viaggio a Roma della scorsa settimana oggi cercherà di brillare a Berlino.
Mentre in Israele le manifestazioni contro la sua discussa riforma della giustizia approvata in prima lettura dalla Knesset lunedì scorso continuano e la gente scende in piazza per protestare contro la limitazione dei poteri della Corte costituzionale, percepita dal governo di destra come una minaccia alle proprie ambizioni, Netanyahu cerca appoggio in Europa: l’ha fatto incontrando la premier Giorgia Meloni, che gli è più affine in termine di collocazione politica, proverà a farlo nel suo viaggio berlinese, in un paese dove l’accoglienza per un capo di governo israeliano, anche controverso, è scontata.
Il premier è atterrato nella capitale tedesca ieri, mentre per oggi sono in programma un pranzo di lavoro con il cancelliere Olaf Scholz e un colloquio con il presidente federale Frank-Walter Steinmeier. Netanyahu ha già ritoccato la durata della visita, anticipando il rientro a questa sera, complice la decisione del presidente Isaac Herzog – da tempo scettico sui piani del premier – di pronunciarsi già ieri sera sulla proposta di compromesso sulla riforma della giustizia avanzata per mettere fine alle proteste della popolazione. La sua proposta garantisce l’indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo e ha messo in guardia il paese dalla possibilità che si scateni «una guerra civile».
All’ordine del giorno dell’incontro con Scholz ci sono la discussione della situazione geopolitica nella regione e i rapporti con l’Iran, lo sviluppo della cooperazione e probabilmente anche la compravendita del sistema antimissilistico Arrow 3. Ma di fronte alla carica simbolica della visita, accentuata dai rapporti tesi del governo israeliano anche nei confronti di partner storici come gli Stati Uniti e interlocutori con cui il rapporto si è intensificato di recente come gli Emirati arabi, il merito delle trattative passa quasi in secondo piano.
L’equilibrio di Berlino
Il governo federale, da parte sua, si muove con grande cautela. Il portavoce, Steffen Hebestreit, si è sforzato di sottolineare come Netanyahu sia un «ospite normale», in quanto «primo ministro eletto di Israele». Tradotto: l’accoglienza non dipende dal colore politico del governo di Israele. Contemporaneamente, però, l’esecutivo federale non può avallare le intenzioni di Netanyahu: la politica estera della coalizione semaforo ambisce a basarsi sul diritto internazionale, sui diritti umani, la democrazia liberale e la ricerca della pace. Un approccio che nelle parole di Hebestreit traspare nella raccomandazione a valutare ogni modifica costituzionale «con attenzione», ma che sembra poco compatibile con le iniziative di Netanyahu e con la sua politica di assoluta durezza nei confronti dei palestinesi.
Scholz dovrà quindi affrontare la visita tenendo conto dei capisaldi della linea in politica estera da un lato e del peso del rapporto storico con Israele dall’altro. La sicurezza dello stato ebraico è diventata ragion di stato per Berlino nel dopoguerra, e le relazioni tra i due paesi hanno fatto da cartina di tornasole per la riammissione della Germania nella comunità internazionale.
Per dare una misura della rilevanza dei rapporti, basta tenere a mente che l’attuale ambasciatore a Tel Aviv è Steffen Seibert, lo storico portavoce di Angela Merkel, noto per l’approccio razionale – identico a quella della sua ex capa – e per l’estrema dedizione agli incarichi che gli vengono affidati. Senz’altro la sua capacità di tenere per sé le informazioni più delicate nascondendole dietro a formule fumose che spesso gli è costata il rimprovero dei colleghi gli sta tornando molto utile per mantenere i delicati rapporti diplomatici con Tel Aviv.
A pochi giorni dalla visita, si sono rivolti proprio a Seibert un gruppo di circa un migliaio di artisti, scrittori, accademici e altri intellettuali israeliani per chiedere a lui e al collega britannico che le visite di Netanyahu già in agenda fossero annullate.
Nella lettera, gli autori segnalano che Israele si sta trasformando «da una vitale democrazia in una dittatura teocratica». Il timore del ministero dell’Interno tedesco è che anche in Germania possano aver luogo manifestazione contro Netanyahu e la politica che rappresenta: il centro di Berlino sarà bloccato, sono stati mobilitati circa 3mila poliziotti aggiuntivi ed è previsto il livello di allerta più alto. C’è attesa per le prese di posizione di Scholz nei confronti del suo ospite. Barcamenarsi tra il rimprovero e l’alleanza inviolabile non sarà facile: ci ha provato il presidente Steinmeier, che dopo l’opposizione di Herzog alla riforma di Netanyahu aveva espresso preoccupazione per la «trasformazione dello stato di diritto».
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