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Cervelli3D e intelligenza artificiale: la rivoluzione in neurochirurgia

La neurochirurgia è sempre più precisa, sicura e meno invasiva. Il professore Alessandro Olivi, Ordinario di Neurochirurgia alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in un’intervista a Sanità Informazione, ripercorre le principali tappe di questa rivoluzione

Dai cervelli virtuali in 3D per pianificare la chirurgia,  all’intelligenza artificiale che predice la prognosi del glioblastoma. Il professore Alessandro Olivi, Ordinario di Neurochirurgia alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in un’intervista a Sanità Informazione, ripercorre le tappe cardine che hanno rivoluzionato la neurochirurgia, rendendola sempre più precisa, sicura e meno invasiva.

Professore Olivi, quali son le principali innovazioni per la diagnosi e il trattamento di patologie che coinvolgono l’apparato neurologico?

«Sono diverse le novità che riguardano l’approccio al trattamento di pazienti affetti non solo da patologie oncologiche, ma anche di altra natura, come ad esempio quelle vascolari. L’intelligenza artificiale è una grande supporto per la predizione della prognosi. Conoscere il potenziale decorso di una patologia ci consente di concentrare tutte le risorse che abbiamo a disposizione in maniera personalizzata, per ogni singolo paziente, dalla programmazione dell’intervento chirurgico al percorso post-operatorio».

Professore, può farci un esempio concreto di come, attraverso l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, è possibile ottenere una predizione prognostica?

«Pazienti con glioblastoma, un tumore cerebrale maligno,  grazie all’Intelligenza Artificiale che valuta dati clinici, radiologici e chirurgici, possono essere stratificati in modo affidabile in sottoclassi prognostiche, identificando quelli a più alto rischio di recidiva precoce. In altre parole, l’aggressività terapeutica sarà tarata sul caso del singolo paziente e in base al suo tumore. Chi ha un’elevata possibilità di recidiva precoce sarà sottoposto a trattamenti e monitoraggi più intensi, favorendo anche la qualità della vita. Se l’algoritmo, invece, suggerisce una prognosi più favorevole, si opterà per un approccio sempre attento ma meno intenso nell’utilizzazione mirata delle risorse».

L’Intelligenza Artificiale guida verso la scelta del trattamento migliore, compresa la chirurgia. Qual è, invece, uno dei principali valori aggiunti che le nuove tecnologie hanno portato all’interno delle sale operatorie?

«Grazie al cosiddetto “Presurgical planning” possiamo “navigare” nel cervello e prepararci alla migliore chirurgia possibile, riducendo i danni alle strutture cerebrali sensibili, che svolgono funzioni chiave come il controllo, per esempio, motorio o il linguaggio. In particolare, con la Risonanza Magnetica ad alta risoluzione siamo in grado di ricostruire un modello tridimensionale del cervello. Osservandolo e studiandolo il neurochirurgo può programmare la “traiettoria” chirurgica, capendo in anticipo come “evitare” le strutture cerebrali più delicate, come ad esempio quelle vascolari, e ridurre i sanguinamenti intra-operatori. Si tratta, dunque, di un approccio cucito totalmente su misura che permette di rendere l’intervento chirurgico meno invasivo e più preciso e di offrire una qualità di vita migliore. Per il neurochirurgo è fondamentale poter bilanciare i risultati del trattamento della patologia con l’eventuale compromissione delle funzionalità cerebrali».

Queste innovazioni, che vanno dalla diagnosi alla cura, permettono oggi di trattare pazienti che solo fino al qualche decennio fa sarebbero stati definiti incurabili?

«Grazie a queste nuove tecnologie andiamo molto oltre i limiti della neurochirurgia di un tempo. Negli anni passati venivano comunque effettuati i medesimi interventi, ma con risultati molto più deludenti. Ne sono un esempio i tumori di media aggressività, dai quali ci si aspetta una lunga sopravvivenza: le nuove tecnologie non solo ci consentono di aggredire il tumore in maniera più efficace e radicale, ma anche mantenere le funzionalità cerebrali inalterate o quasi. Fino a qualche anno fa, senza la guida dell’imaging, era quasi impossibile ottener buoni risultati in termini di cura, senza compromettere la qualità della vita del paziente».

Oggi, l’innovazione tecnologica, ha permesso di compiere passi da gigante nell’ambito della neurochirurgia. Qual è l’ingrediente che in un futuro non troppo lontano migliorerà ulteriormente i risultati?

«Nell’ambito del trattamento di tumori, soprattutto quelli particolarmente aggressivi, sarà la caratterizzazione molecolare a segnare un ulteriore e decisivo segno di svolta. Questa consente non soltanto di distinguere tra i diversi tipi di tumore, una volta raccolti in un’unica categoria, offrendo informazioni su caratteristiche e peculiarità, ma anche di sviluppare nuovi trattamenti personalizzati. Si tratta di potenziali farmaci capaci di andare diritto al bersaglio, aggredendo specifiche molecole. La caratterizzazione molecolare apre nuove prospettive di cura anche per quei tumori che, ad oggi, non riusciamo a trattare in modo efficace e di cui, attualmente, possiamo solo  rallentare la progressione».

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