Non ci sarebbe alcun pericolo a ricevere il vaccino da positivi, motivo per cui non è stato previsto alcun tampone prima della vaccinazione. Questo, indipendentemente, dal fatto che si tratti della prima dose o di un richiamo. Quindi, come per il vaccino antinfluenzale, anche la presenza di sintomi lievi non è da considerarsi come una controindicazione alla vaccinazione, che dovrebbe invece essere rimandata in caso di febbre alta. Avrebbe però più senso vaccinarsi a distanza di 4-6 mesi da un’infezione naturale, vista che questa da sola potrebbe garantire una certa immunità per qualche mese. Ma non ci sono rischi per la salute nel caso la vaccinazione venga effettuata da una persona inconsapevole di essere positiva al virus Sars-CoV-2.
Il vaccino potrebbe funzionare di meno dopo un’infezione
Tuttavia, un recente studio dell’Università di Stanford ha dimostrato che, pur non essendoci controindicazione, il vaccino è più efficace nelle persone che non hanno mai avuto il Covid-19. Questo significa che le persone vaccinate post-infezione risultano potenzialmente meno protette da un’eventuale reinfezione. Prima di questo studio, invece, si riteneva che una precednete infezione da Covid migliorasse la risposta immunitaria di un individuo vaccinato, un fenomeno noto come immunità ibrida che gli scienziati ritengono fornisca una migliore protezione dal virus.
Vaccinarsi da infetti o meno è sempre meglio di non vaccinarsi
La comunità scientifica continua a concordare che la vaccinazione rimane la principale arma per difendersi dalla malattia grave. Se infatti i decessi e i ricoveri sono in calo è grazie alla combinazione di immunità da vaccino e immunità da infezioni precedenti. Al 2 marzo erano 8,63 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, di cui 8,28 milioni attualmente vaccinabili, pari al 13,9% della platea.
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