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Disturbi del comportamento alimentare: il 6% ha meno di 12 anni

«Non volevo fare la modella, non volevo avere un corpo perfetto, adatto alle passerelle. Per questo ero convinta che la mia avversione per il cibo non potesse dipendere da un disturbo del comportamento alimentare. Eppure, un piatto di pasta facevo fatica a guardalo, figuriamoci a mangiarlo. C’è voluto del tempo prima che comprendessi che ero anoressica. Anzi, che soffrivo di anoressia. Successivamente ho compreso anche di non essere la mia malattia». A parlare è Alba Toninelli, attivista per i disturbi alimentari e content creator. Ha raccontato la sua storia ai microfoni di Sanità Informazione dopo essere scesa dal palco della sala della Regina, alla Camera deputati dove, oggi, l’associazione Animenta ha celebrato la XII Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla con il Convegno “L’epidemia silenziosa dei disturbi alimentari”.

I numeri dei disturbi del comportamento alimentare

«I disturbi del comportamento alimentare entrano silenziosamente nella vita delle persone. Quando fanno rumore vuol dire che la patologia è già in uno stadio piuttosto avanzato», dice Aurora Caporossi, Founder e Presidente di Animenta. Nel mondo oltre 55 milioni di persone soffrono di disturbi del comportamento alimentare, più di 3 milioni in Italia, circa il 5% della popolazione. Secondo i dati di Osservatorio ABA e ISTAT, anoressia e bulimia colpiscono soprattutto le ragazze con un’incidenza dell’8-10%, tra i ragazzi la percentuale oscilla tra lo 0,5 e l’1%. Dopo la pandemia da Covid-19 l’incidenza è aumentata del 30%, con un picco tra i giovanissimi, coinvolti fino a quattro volte di più rispetto al periodo pre-Covid. Tra i principali fattori scatenanti l’isolamento in casa, la chiusura delle scuole e la cessazione di tutte le attività sociali, ludiche e sportive. Mentre il numero delle nuove diagnosi aumenta, cala l’età d’insorgenza della patologia: il 6% ha meno di 12 anni. L’anoressia nervosa è il disturbo più frequente, rappresentata il 42,3% dei casi totali, la bulimia nervosa è diagnosticata al 18,2% dei pazienti, nel restante 14,6% si tratta di disturbo di binge eating.

I nuovi Lea e il fondo dedicato

«Il 15 marzo è una data che unisce, che racconta le storie delle famiglie, dei ragazzi e di chiunque stia affrontando un disturbo del comportamento alimentare – continua Aurora Caporossi -. Racconta che da questi disturbi si può guarire, nonostante dobbiamo percorrere ancora tanto cammino prima di poter affermare di avere una rete di cura e assistenza adeguata e capillare su tutto il territorio nazionale». Negli ultimi due anni un po’ di strada è stata fatta: «I disturbi del comportamento alimentare sono stati inseriti nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e il Governo ha stanziato 25 milioni di euro per il biennio in corso: 15 mila per 2022 e 10 mila per il 2023», aggiunge la Presidente di Animenta.

In Lombardia una legge ad hoc sui disturbi alimentari

Un altro segnale importante è arrivato dalla Lombardia, attualmente l’unica Regione che ha una legge ad hoc sui disturbi alimentari. «Se vogliamo salvare quanti più ragazzi e ragazze possibili, queste buone pratiche devono diventare un sistema a livello nazionale – dice Simona Tironi,  assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia -. Fare sistema vuol dire avere maggiori posti letto a disposizione, una maggiore capillarità sul territorio, una maggiore esperienza e percorsi diversi per la presa in carico dei pazienti. Accanto ai pazienti esistono poi le famiglie, pilastri fondamentali che vanno integrati nel processo e non escluse. La cabina di regia, che sta lavorando a ritmo incessante da oltre due anni, per dare delle risposte concrete ai cittadini e alle altre istituzioni che hanno tante richieste da parte degli utenti ma non hanno ancora sviluppato percorsi a terra, ha molto a cuore iniziative come questa e mi troveranno sempre dalla loro parte. Anche se il risultato della Lombardia è importante, non basta – sottolinea l’assessore -. È solo un primo passo al quale ne dovranno seguire altri, avviando un percorso che comprenda tutte le Regioni d’Italia, nessuna esclusa».

I limiti del Sistema Sanitario Nazionale

A puntare il dito contro l’inadeguatezza delle cure offerte dalla sanità pubblica è anche Edoardo Mocini, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione e autore di “Fatti i Piatti Tuoi”: «I disturbi del comportamento alimentare non possono essere curati nei reparti di psichiatria. Servono unità ad hoc, in cui equipe multidisciplinari possano creare percorsi di cura cuciti su misura per ogni singolo paziente. E mentre le richieste di aiuto aumentano, molti reparti di nutrizione clinica chiudono i battenti. Le liste di attesa sono lunghissime e, spesso, si fa fatica a trovare un posto pure nel privato». E se i Sistema Sanitario Nazionale non riesce ad assicurare cure adeguate a tutti coloro che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, è ancor meno in grado di occuparsi di prevenzione, sia primaria che secondaria.

Foodnet: l’educazione comincia tra i banchi di scuola

Ed è per sopperire a questa carenza che nascono progetti come Foodnet, ideato dalla  psicoterapeuta Deborah Colson: «Già prima della pandemia da Covid-19 i disturbi del comportamento alimentare erano una vera e propria epidemia. Ora, non solo sono aumentate le persone che hanno bisogno di aiuto, ma è diminuita l’età d’insorgenza del disturbo. Per questo ho ideato Foodnet, un progetto di educazione rivolto agli studenti della scuola primaria – racconta Colson -. Più di recente, con Animenta abbiamo anche redatto delle linee guida, ora sottoposte all’attenzione delle Istituzioni competenti, dirette agli insegnanti di ogni ordine e grado, affinché siano in grado di individuare i campanelli di allarme e segnalare eventuali casi di disturbi del comportamento alimentare».

I campanelli d’allarme dei disturbi del comportamento alimentare

«La riduzione dell’alimentazione, fino a saltare i pasti o al contrario abbuffate compulsive. Il conteggio ossessivo delle calorie. Il controllo del peso o lo specchiarsi di continuo, l’eccesso di attività fisica, i cambiamenti di umore, la riduzione del contatto con il mondo esterno. Sono solo alcuni dei principali campanelli d’allarme che potrebbe manifestare chi soffre dei disturbi del comportamento alimentare», avverte il dottor Mocini. Segni che, nella maggior parte dei casi, emergono nel delicato periodo del neurosviluppo. «Ogni sintomo, anche quello che può sembrarci apparentemente più innocuo, non va mai sottovalutato», dice Stefano Tavilla, co-fondatore della neonata Fondazione Fiocchetto Lilla e ideatore della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, in memoria della figlia scomparsa.

Il Fiocchetto lilla

«Dodici anni fa, quando pensai di ideare questa giornata avevo immaginato un momento di incontro e di riconoscimento. Poi, con il tempo, è diventato molto di più – racconta  l’ideatore della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla -. Un’occasione per confrontarsi e per farsi promesse in grado di condurre a risultati concreti, come il Fondo stanziato dal Governo di 25 milioni di euro e l’inserimento dei disturbi del comportamento alimentare nei Lea. Ma gli obiettivi da raggiungere sono ancora tanti, perché ancora troppe sono le famiglie che continuano a peregrinare dal sud al nord della Penisola in cerca di cure. E quando queste cure non arrivano, tardano ad arrivare o sono inadeguate, c’è chi perde la vita. Al contrario, se sono idonee e tempestive – conclude Tavilla – dai disturbi alimentari si può guarire».

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