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Malattie neuromuscolari, al CRR Palermo negato il diritto alle cure

A Sanità Informazione la denuncia di mamma Margherita e di Parent Project, un’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker. «La situazione all’ospedale Cervello di Palermo è gravissima: è impossibile accogliere nella struttura persone con disabilità, ovvero la maggior parte dei pazienti con malattie neuromuscolari, negandogli il diritto di ricevere cure di importanza vitale»

«Sono la mamma di tre ragazzi. Uno di loro non c’è più, ha perso la sua battaglia contro la malattia». Mamma Margherita parla del suo dolore, in videochiamata, dalle stanze dell’ospedale Cervello di Palermo. Accanto a lei c’è suo figlio, Antonio, affetto dalla di distrofia muscolare di Duchenne, ricoverato solo dopo una lotta estenuante. Le stanze che fino a poco tempo fa erano adibite al ricovero dei pazienti con distrofia muscolare sono state dimesse.

La testimonianza

«Già durante l’estate – racconta la donna – le quattro stanze del Centro di riferimento regionale, presso le quali la dottoressa Grazia Crescimanno, specialista in Pneumologia, seguiva i suoi pazienti, ben attrezzate per accogliere le persone con disabilità motorie e allestite anche grazie alle donazioni delle associazioni dei pazienti neuromuscolari, sono state donate al reparto di Oncologia, lasciando ai pazienti con distrofia muscolare l’uso di stanze non idonee in una zona diversa dell’ospedale e prive di bagni accessibili». Tuttavia, in questo momento, Mamma Margherita e suo figlio Antonio si trovano all’interno di una delle stanze destinate ai malati oncologici, «ma – assicura la donna – sarà l’ultima volta e dopo di noi nessun paziente con distrofia muscolare avrà la possibilità di usufruirne».

L’impegno di Parent Project aps

La stessa dottoressa Crescimanno, che segue circa 500 pazienti, ha speso tutte le sue energie per  poter continuare a garantire le cure ad ogni di loro: «Contesterò nelle sedi opportune questo ordine di servizio – aveva assicurato fin dagli esordi della vicenda  – perché a mio avviso è in contrasto con il giuramento di Ippocrate che ho prestato prima di iniziare la mia professione». Accanto alle famiglie ed alla dottoressa Crescimanno si è schierata anche Parent Project aps, un’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker. «La situazione dell’ospedale Cervello di Palermo è gravissima – spiega Ezio Magnano, di Parent Project aps Sicilia -, poiché comporta l’impossibilità di accogliere nella struttura persone con disabilità, ovvero cioè la maggior parte dei pazienti seguiti dalla dottoressa Crescimanno. Paradossalmente, le nuove stanze possono accogliere solo pazienti allettati, perché questi non hanno bisogno del bagno. Viene, quindi, negato a moltissimi pazienti con malattie neuromuscolari il diritto di ricevere cure di importanza vitale».

La mobilità sanitaria è l’unica via d’uscita?

La distrofia muscolare di Duchenne colpisce 1 su 5 mila neonati maschi. È la forma più grave delle distrofie muscolari, si manifesta nella prima infanzia e causa una progressiva degenerazione dei muscoli, conducendo, nel corso dell’adolescenza, ad una condizione di disabilità sempre più severa. La distrofia di Becker (BMD) è una variante più lieve, il cui decorso varia però da paziente a paziente. «Ognuno di questi pazienti ha la necessità di essere costantemente monitorato e sottoposto a controlli e visite specialistiche – spiega Magnano -. E in assenza di un Centro di riferimento regionale non resta che ricorrere alla mobilità sanitaria. Ma trasportare un paziente con distrofia muscolare dalla Sicilia ad una città del nord Italia non è un’impresa semplice. L’unico mezzo realmente idoneo è l’automobile e il viaggio oltre che essere lungo ed estenuante richiede anche un impegno economico che non tutte le famiglie possono sostenere». Quanta fatica ci voglia a percorre la rotta Sicilia-Lombardia lo sa bene mamma Margherita che prima di essere presa in carico dal Centro dell’ospedale Cervello di Palermo (centro al quale non potrà più accedere) andava regolarmente a Milano affinché i suoi figli potessero ricevere le cure necessarie. «Ma la mobilità sanitaria non può essere una soluzione – conclude mamma Margherita – perché un viaggio può essere programmato, un’emergenza no».

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