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Oncoematologia, caso Sardegna: una sola struttura e tanti disagi. Le famiglie chiedono risposte | Sanità Informazione

«Per garantire il rispetto dei protocolli sanitari e delle procedure programmate siamo arrivati all’assurdo di dover chiamare in reparto i carabinieri. Così non si può andare avanti». Francesca Ziccheddu, presidente di ASGOP, Associazione Sarda dei Genitori in Oncoematologia Pediatrica, non nasconde la sua amarezza per una situazione che da circa due anni sta complicando la vita di tanti piccoli pazienti oncoematologici della Sardegna e delle loro famiglie. È solo la prima tappa di un viaggio che Sanità Informazione, grazie alle segnalazioni della FIAGOP,  Federazione Nazionale delle Associazioni di Genitori e Guariti di Oncoematologia Pediatrica, effettuerà sulle disfunzioni dei centri oncoematologici nel centrosud e sulle enormi difficoltà che vivono molte famiglie, spesso costrette a spostarsi nei grandi ospedali del nord per poter curare i loro piccoli.

Il caso del presidio Cao e disagi per le famiglie

Tutto nasce nel settembre 2020, quando con una legge regionale il Presidio ospedaliero microcitemico Antonio Cao dell’Azienda ospedaliera Brotzu viene trasferito all’Azienda socio-sanitaria n. 8 di Cagliari. È il punto di riferimento per tutta la regione, unica struttura dell’isola. Iniziano una serie di disservizi e disfunzioni puntualmente denunciate da ASGOP: bambini immunodepressi costretti a vagare con le ambulanze in giro per gli ospedali in attesa di autorizzazioni, procedure salvavita che saltano, scelte mediche praticate in base a possibilità organizzative e non in base a necessità terapeutiche.

E, come spiega Ziccheddu a Sanità Informazione, genitori disperati e preoccupati che chiamano i carabinieri. «Lo scorso primo agosto – ricorda la presidente ASGOP – c’erano sette procedure programmate con l’anestesista pediatrico chiamato a lavorare in équipe con l’oncoematologo per fare rivalutazioni midollari, chemio e altre attività nel rispetto dei tempi del protocollo. La Asl 8 non è in grado di garantire il servizio e ricorre allora ad una convenzione con l’azienda Brotzu che prima non era necessaria, perché tutto si svolgeva all’interno della stessa struttura. Questo ha rallentato le procedure che quel primo agosto rischiavano di saltare. Per garantire il rispetto dei protocolli sono stati chiamati i carabinieri e nel tardo pomeriggio le procedure sono state avviate. Ma così non si può andare avanti».

Non un caso di ‘malasanità’, come spiega Ziccheddu, ma di mala burocrazia e cattiva organizzazione: «Abbiamo dei professionisti eccellenti ma è chiaro che con questa disorganizzazione anche loro alla fine se ne vanno e il Cau e il Centro trapianti sono seriamente a rischio chiusura».

Le famiglie chiedono il ritorno al Brotzu

Se i professionisti possono scegliere altri lidi lavorativi, molto più difficile spostarsi per chi deve ricevere le cure: la Sardegna deve fare i conti con l’insularità e spostarsi in continente per le cure è complicato.

Per ASGOP l’unica soluzione è ripristinare la situazione antecedente alla riforma sanitaria regionale del 2020: il presidio ospedaliero Microcitemico Antonio Cao, attualmente accorpato ad una azienda sanitaria locale della città di Cagliari, dovrebbe ritornare a far parte della struttura ospedaliera Brotzu, un ospedale regionale, di rilievo nazionale, ad alta specializzazione pediatrica e dotato di un dipartimento di emergenza DEA di II livello, necessario considerando la complessità dei percorsi terapeutici. È l’unico modo, spiega ASGOP, per il garantire il diritto alla salute sancito dalla Costituzione ed evitare che si ricorra alla migrazione sanitaria in altre regioni.

Il caso oncoematologia in Parlamento

Nonostante le sollecitazioni delle famiglie, le istituzioni locali per ora non rispondono. «Abbiamo depositato un esposto in procura – continua Ziccheddu -. Lo scorporo del presidio Cao è andato a scapito della funzionalità del reparto. Siamo arrivati a refertare le tac dopo un mese. Un ospedale muore in questo modo. Quando i problemi arrivano a questi livelli è normale che famiglie e professionisti pensino di andare via».

In attesa che il neo assessore regionale alla Sanità Carlo Doria riceva le famiglie, queste si sono affidate alla politica nazionale. Due le interrogazioni sul tema: una dei senatori Marco Meloni e Sandra Zampa (Pd) e l’altra di Marianna Ricciardi (M5S). Ma intanto i disagi per i piccoli pazienti sono quotidiani.

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