“Abbiamo letto con attenzione il comunicato stampa dell’Unione Sindacale di Base di Civitavecchia a proposito del bando di concessione nel nostro scalo e facciamo nostre le preoccupazioni esposte dal sindacato.
Il bando riguarda la concessione delle banchine 27, 28, 29 e 30 e dei piazzali retrostanti per 4 anni tramite l’art. 18 della legge 84/94, prevedendo quindi l’utilizzo esclusivo da parte della società vincitrice di una parte consistente del nostro scalo.
Il rischio è che il nostro porto possa perdere storici equilibri occupazionali dove la prevalente natura pubblicistica delle banchine ha da sempre garantito lavoro continuo e di qualità.
Da chi verranno gestite sicurezza e mobilità di queste banchine private? Noi pensiamo che gli armatori cercheranno di usare manodopera propria e di società a loro vicine al posto dei lavoratori di Pas e Port Mobility, già fortemente vessate da problemi che mettono a rischio il posto di lavoro degli attuali operatori.
Verrà garantito il lavoro per le società locali art. 16 e art. 17? Come dobbiamo leggere le parole di Musolino “ci accingiamo a rendere Civitavecchia finalmente un porto più rispondente al modello disegnato dalla legge 84/94”?
Il nostro è il porto con le cooperative più forti d’Italia. Inoltre le società private sono per lo più di proprietà di imprenditori locali e vedono occupati gli abitanti del territorio.
Negli altri porti d’Italia, dove la concessione ad uso esclusivo delle banchine è stata fortissima, la prassi da parte degli armatori è di assumere personale proprio con contratti differenti da quello dei porti, utilizzando regolamenti con minori diritti come quelli della logistica.
Le crisi più gravi nella storia recente del porto di Civitavecchia si sono verificate nelle aree collegate alle concessioni tramite art. 18: Privilege, Gtc, Terminal Container e Minosse. Vogliamo brevemente ricordare tre casi esemplificativi di come tali concessioni possano arrecare gravissimi danni alla continuità occupazionale e rendere improduttivi banchine e piazzali.
Iniziamo citando lo scandaloso caso Privilege, dove il relitto di una imbarcazione che non ha mai visto il mare ricorda a tutti i civitavecchiesi una storia di malagestione e speculazione predatoria. La banchina è ancora inutilizzata e le lavoratrici e i lavoratori che sono stati licenziati non hanno mai ottenuto giustizia.
Altro caso spinoso è quello del Terminal Container, dove il volume di traffico promesso da MSC non è mai arrivato. Le navi che attraccano ogni anno sono pochissime, condannando Civitavecchia, nonostante la vicinanza con Roma, ad essere uno dei porti italiani con il minor numero di container scaricati d’Italia. In questo caso un bando di concessione scritto malissimo ha portato la banchina container ad essere ostaggio di un giochino più grande di Civitavecchia. L’autorità portuale non è in grado di revocare la concessione per riassegnare la concessione a qualcuno che porti lavoro stabile e MSC non molla l’osso perché non vuole che dei suoi avversari commerciali ottengano quello spazio. In pieno accordo con le regole del capitalismo, per l’armatore è meglio una banchina vuota che in mano ad un diretto concorrente.
Altro caso esemplificativo di come spazi e risorse pubbliche dovrebbero essere gestite con assoluta flessibilità rispetto al mutare dei traffici marittimi è quello delle automobili. Enormi piazzali dedicati alla movimentazione di auto sono vuoti e con l’attuale crisi del settore non ci sono speranze che la situazione cambi nel breve periodo. A pagarne le conseguenze sono i lavoratori della CILP in cassa integrazione e che temono per il loro futuro occupazionale.
Il Presidente Musolino, forte degli esempi sopracitati, dovrebbe evitare di regalare altri spazi agli armatori. Il nuovo modello auspicato da Molo Vespucci, ispirato dall’azione lobbistica delle multinazionali, è una ingiusta regalia di beni pubblici agli armatori, che hanno già visto aumentare a dismisura i propri profitti negli ultimi anni.
Le recenti crisi hanno portato in città disoccupazione e miseria diffusa. La futura chiusura della centrale a carbone aggraverà ancora di più questa situazione. È dal mare e dal porto che Civitavecchia dovrà trovare le forze per risollevarsi. Eolico off-shore, ambientalizzazione del porto tramite idrogeno e banchine pubbliche possono garantire al territorio di risollevarsi da decenni di sfruttamento ambientale ed occupazionale. Per fare questo bisogna smettere di regalare ulteriori spazi pubblici agli armatori costringendoli invece a ridistribuire le ricchezze prodotte con la fatica degli abitanti del territorio”.
UNIONE POPOLARE Alto Lazio
Pubblicato giovedì, 3 Novembre 2022 @ 20:01:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA