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Testimonianza choc di Virginia Melissa Adamo, parte civile al processo a carico del 63enne Pasquale Gaeta, il presunto santone al vertice della comunità Qneud che negli anni scorsi aveva sede ad Acquapendente, accusato di maltrattamenti in famiglia, esercizio abusivo della professione e violenza sessuale ai danni della figlia di Virginia Melissa Adamo, una 28enne brianzola, e di un’altra giovane. Ieri, in aula, Virginia Melissa Adamo ha ripercorso l’inferno che ha vissuto e nel quale continua a vivere. Dal 2016 la signora Adamo ha visto la figlia allontanarsi di giorno in giorno e da allora non ha più alcun rapporto con lei, ma nonostante questo intende salvarla a ogni costo.
Il santone alla sbarra. Tutto rinviato a settembre
Fu lei a denunciare per prima il sessantenne ritenendo che avesse assoggettato la figlia fino ad annientarla e isolarla. Dai primi segnali di cambiamento da parte della figlia, sei anni fa, Virginia Adamo decise di intraprendere una propria indagine personale per scoprire cosa ci fosse dietro ai personaggi che la 28enne aveva conosciuto, ricostruendo nei minimi particolari le dinamiche settarie alle quali doveva sottostare e le violenze che aveva subito, sporgendo querela a novembre 2018. Tutto ciò le fu possibile quando ritrovò l’hard disk del computer della ragazza che riuscì a scaricare e decifrare e dal quale emerse una quantità di materiale dai contenuti agghiaccianti. Documentazione che Virginia Adamo ha illustrato e consegnato al collegio nel corso della seduta. “Purtroppo devo parlare al passato di mia figlia perché non è più così – ha affermato Virginia Adamo -. Gaeta fu presentato a mia figlia da un regista teatrale e da un altro uomo, che suppongo adescassero le papabili adepte per darle in pasto a lui. Sul suo pc, nella casa di Valentia, trovai gli insegnamenti che Gaeta le impartiva e il percorso era suddiviso in sei fasi. C’erano 64 esercizi da fare, tutti basati sul sesso. In un powerpoint c’era quello che mia figlia avrebbe dovuto eseguire, il tutto aveva uno sfondo esplicitamente sessuale”.
“Tutti possono finire nella trappola delle sette”
“La prima fase coincideva con il love bombing, periodo in cui Gaeta e la moglie coccolavano, per modo di dire, mia figlia, conquistandosi la sua fiducia. La seconda fase era quella dell’espiazione durante la quale lei doveva espiare le proprie colpe accettando le pene. Poi le fecero firmare il giuramento della vocante con il quale si assicuravano il silenzio di mia figlia. Doveva essere sposa, concubina e amante. Gaeta agiva utilizzando lo psicodramma, servendosi di personaggi del teatro. Secondo me tra luglio e agosto 2018 mia figlia fu violentata, perché scappò e si rifugiò a casa di un amico, il quale mi mandò delle foto in cui si vedono i bozzi sulla testa. Oltre a essere sottomessa come schiava sessuale le chiedeva foto delle parti intime. Doveva svegliarsi nel bel mezzo della notte e masturbarsi. In concomitanza dell’incidente probatorio Gaeta e la moglie avevano nascosto dei pizzini nei libri nella biblioteca di Acquapendente nei quali dicevano a mia figlia cosa dovesse dire e fare. Credo che per via delle violenze mia figlia fu costretta anche ad abortire”.