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Il cagotto, la cioccolata e l'onore di Gubbio

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Sergio Casagrande

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Dalla prima pagina del Corriere dell’Umbria del 25 ottobre 2022:

E’ stupefacente l’impatto mediatico che è stata capace di generare una fake news come quella del cagotto (termine indicato tra i sinonimi popolari di dissenteria anche dal dizionario Treccani) collettivo di Gubbio. Basta fare una ricerca su Instagram della parola Gubbio che si è inondati da una serie di commenti, battute sarcastiche, filmati, disegni e fotomontaggi che sembrano non avere fine. Per due giorni lo stesso nome di Gubbio è stato addirittura al vertice delle tendenze di ricerca sui social, più delle parole governo e Meloni.

Una vicenda del genere, seppure inventata, è diventata un meme che continua e continuerà ad autopropagarsi chissà per quanto ancora.

Il clamore è stato tale che perfino giornali nazionali e trasmissioni tv, presi dal dubbio e interessati alla singolarità di una storia esilarante, se ne sono dovuti occupare con inviati sul campo.

Il Corriere dell’Umbria, inizialmente, ha preferito non scriverne, perché – ascoltati quegli audio circolati sui social che raccontavano di decine di commensali passati rapidamente da un tavolo imbandito di piatti di pesce al water, con molti che non avevano neppure avuto il tempo di sedersi sulla tazza e andavano in giro a defecare senza pausa come le oche (citazione da uno degli audio) – era evidente che c’era qualcosa, anzi molto, di incredibile, inteso nel termine più puro di questo aggettivo: ovvero, di non credibile.

Ma, quando la vicenda aveva fatto ormai il giro d’Italia, per onor di cronaca non abbiamo potuto non dare menzione di quanto stava accadendo, evidenziandone i dubbi, le palesi travisazioni e le invenzioni.

Sorprende, quindi, la battaglia che ora vuole condurre Gubbio per ristabilire la verità e difendere l’onore della città che si ritiene offeso. Perché rischia di essere una guerra contro mulini mossi da un vento che è ormai impossibile fermare.

Altra cosa è, semmai, la difesa che vuole intraprendere il ristoratore finito al centro della bufera, l’unico a rischiare, forse, danni da una storia del genere. Ma che la città finisca per mobilitare perfino le sue più antiche e autorevoli istituzioni e corporazioni cittadine, per condurre una battaglia che colpisca i colpevoli che hanno creato la fake news, è eccessivo. E potrebbe essere inutile.

La situazione, ormai, è tale che all’opinione pubblica non interessa più sapere se il fatto sia vero o falso. Perché, ormai, la storia, nell’immaginario collettivo, c’è. E ogni eugubino che, d’ora in poi, manifesterà la sua cittadinanza in giro per l’Italia e anche oltre confine, finirà per essere associato più alla storia del cagotto, che alla festa dei Ceri, a prescindere dal fatto che i colpevoli siano o non siano stati decapitati nella pubblica piazza.

Sarebbe meglio, quindi, prendere la palla al balzo e sfruttare la popolarità, malgrado tutto, ottenuta.

Quanto è circolato nei social, tra l’altro, ingigantisce sì un fatto realmente accaduto (un paio di malori manifestatisi tra gli invitati di un pranzo, ma non riconducibili a quanto mangiato) ma non sembra nato per essere una falsa notizia denigratoria. Invece, ha tutte le caratteristiche che lo fanno apparire come una goliardata finita male. O, meglio, sembra essere stata una goliardata dagli esiti eccessivi e, forse, inimmaginabili anche per chi l’ha generata. 

Ricorda una delle tante storie all’Amici Miei, come quelle già viste più volte anche in Umbria: il manoscritto fatto trovare, nel 1961 dal professor Enrico Rielli e dai suoi amici di Terni, nella torre di Piediluco e che, indicando la presenza di un tesoro nascosto, spinse per mesi molte persone e archeologi giunti da tutta Italia alle ricerche; o il vespasiano che, negli anni ’80, fu spostato e murato davanti al locale di un artigiano della piazza principale di Trevi causando un malore alla vittima presa di mira; o la bufala di Foligno che, negli anni ’90, raccontò di una sposa fuggita dall’altare con un parente invitato al matrimonio, nella frazione di Vescia, e trasse in inganno anche i migliori giornalisti di un quotidiano.

E allora, perché non rispondere sullo stesso piano e con la stessa materia? Anzi, non la stessa… magari qualcosa di simile?

Prendiamo, per esempio, la cioccolata: l’unica che si presta, per aspetto, a sostituire nella maniera più degna quanto si è detto avrebbe travolto la città di Gubbio.

Si teme che cotanta cacca allontani i turisti? E si dice che perfino i vicoli siano ormai invasi da tonnellate di prodotti immondi di cotanti commensali?

Allora, trasformiamo subito le vie di Gubbio in strade strabordanti di cioccolata che, quella sì, attrae a frotte i forestieri. Ed è sicuramente gradita a tutti, coprofagi compresi. E giochiamo sull’equivoco, invitando gli italiani in città, per trarne immediato vantaggio.

Insomma, meglio un’idea altrettanto goliardica che cavalchi la popolarità acquisita e giochi attorno a questa storia, che una crociata dagli esiti incerti. Una risposta che si potrebbe mettere a punto chiedendo un consiglio a qualcuno che della goliardia, e del cioccolato, è maestro: come quell’Eugenio Guarducci (il patron di Eurochocolate) che, nel 2004 fu accusato di sacrilegio per aver sostituito i Ceri con i tubi dei Baci Perugina, ma che, in un’occasione come questa, potrebbe diventare il paladino giusto. Non per mischiare la cacca con la cioccolata, ma per sorridere attorno a una vicenda che, anche se puzza, ha fatto divertire – bisogna riconoscerlo – una gran parte degli italiani.

Sergio Casagrande

[email protected]

Twitter:  @essecia

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