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Cistiti, nel 40% dei casi vengono trattate in modo inappropriato

Fastidiosa, subdola, insidiosa. Parliamo della cistite, uno degli inconvenienti più spiacevoli che spesso le donne si portano a casa come “ricordo” delle vacanze estive. Un disturbo che, più di altri, viene spesso trattato in modo improprio, rallentandone o peggiorandone il decorso. Complici alcune dicerie e fake news che è invece importante smantellare attraverso una corretta informazione, la cistite rischia di diventare un bacino di alimentazione di uno dei più grandi problemi di sanità pubblica attualmente: l’antibioticoresistenza.

Ne abbiamo approfondito tutti gli aspetti insieme alla dottoressa Maria Teresa Schettino, specialista in Ginecologia ed Ostetricia presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.

Cistite: come riconoscerla

«L’infezione può essere acuta, subacuta o cronica – spiega Schettino -. Questo ne caratterizza i sintomi, che sono facilmente riconoscibili nella fase acuta: dolore alla minzione con aumentata frequenza della stessa, sensazione di stimolo ad urinare urgente e doloroso, nei casi più importanti anche febbre e presenza di sangue nelle urine, urine maleodoranti e/o torbide. Nel caso di infezioni subcliniche abbiamo invece sintomi meno chiari, che rappresentano però il substrato per la sua ricorrenza».

Le cause della cistite: l’importanza degli stili di vita

«L’eziologia della cistite è multifattoriale. Può infatti rappresentare – spiega ancora la specialista – la conseguenza di un processo infettivo primario o essere la conseguenza di comorbidità scatenanti quali colon irritabile, obesità, infezioni vaginali ricorrenti. Patologie ginecologiche come il prolasso uterino, la vescica neurologica, o anche conseguenza di abitudini errate quali ridotto apporto idrico, rapporti sessuali ravvicinati e multipli, utilizzo di spermicidi o metodi di barriera o utilizzo di farmaci. È quindi importante – sottolinea – adottare comportamenti che ne prevengano l’insorgenza e che siano mirati a salvaguardare il benessere della mucosa vescicale ovvero: introdurre un giusto apporto idrico (almeno un litro e mezzo di acqua al giorno), non posticipare la minzione ma assecondare lo stimolo, urinare dopo i rapporti sessuali, intervenire sulle comorbidità ad esempio regolarizzare l’alvo, salvaguardare il microbiota intestinale e vaginale, intervenire su eventuali patologie ginecologiche, non effettuare mai manovre intime che possano portare ad una colonizzazione di batteri intestinali in vagina e in vescica, seguire un’alimentazione equilibrata ricca di frutta, verdura e sostanze antiossidanti, e in estate non tenere indosso il costume umido per molte ore».

Un disturbo mal curato nel 40% dei casi

«La cistite, intesa come infiammazione della vescica infettiva e non, rappresenta non solo una delle cause più frequenti di consultazione medica – rivela la dottoressa – ma anche di automedicamento. È importante, viceversa, invitare le donne a non usare in maniera impropria farmaci e a non affidarsi a indicazioni non supportate da evidenze scientifiche. Nella pratica clinica si ricevono spesso richieste di consulto da parte di donne con cistite che avevano già assunto fosfomicina spesso non sapendo che si tratta di un antibiotico e talvolta senza aver prima effettuato un esame delle urine con urinocoltura. Si stima – prosegue – che nel 40% circa delle cistiti c’è un uso inappropriato di antibiotici, e questi fattori amplificano il problema dell’antibioticoresistenza che, come sappiamo, è ormai un’urgenza di sanità pubblica».

Curare la cistite: in guardia da fake news e rimedi della nonna

«Va sottolineato – prosegue Schettino – che non tutte le cistiti necessitano di terapia antibiotica, e che il sistema immunitario è già in grado da solo di debellare le infezioni delle basse vie urinarie, pertanto spesso sarà sufficiente una terapia con antidolorifici e antinfiammatori associati al ripristino della flora intestinale, vescicale e vaginale. La scelta dell’antibiotico va definita dopo l’identificazione del batterio responsabile della cistite in corso e dopo aver effettuato l’antibiogramma. È una patologia, in sintesi, che deve essere ben definita dallo specialista. Nel caso in cui fosse necessaria la terapia antibiotica, quella indicata nella maggior parte dei casi è a ciclo breve (3 giorni), mentre altre possono necessitare di cicli più lunghi (5 giorni), l’importante è non interrompere in anticipo la terapia prescritta, anche se i sintomi dovessero scomparire. Ci sono poi alcune fake news – conclude la specialista – che è importante debellare sulla cistite: la componente ereditaria tra le cause, o il ritenere normale in fase di menopausa la comparsa di incontinenza urinaria come fattore scatenante per le cistiti e che quindi non ci sia a queste rimedio, così come è importante evitare strani rimedi naturali come terapia».

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