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Dalla ricetta elettronica ai farmaci a domicilio: luci e ombre della sanità post Covid

La pandemia ha favorito un accesso alle cure e ai farmaci più agile ed efficiente. Tuttavia, neanchè l’emergenza Covid è riuscita a far superare alcune delle «storiche» criticità, che permangono tutt’ora. Questo è il quadro di luci e ombre  che emerge da una nuova indagine realizzata da Cittadinanzattiva, che ha coinvolto le associazioni dei pazienti, i medici, le società scientifiche e i farmacisti, e che verrà presentata nella sua interezza il prossimo 30 maggio. I risultati mostrano che, negli ultimi 12 mesi, la misura maggiormente implementata durante la pandemia – rispetto al periodo pre-covid – è stata la ricetta dematerializzata: lo afferma l’82,6% dei medici di medicina generale, l’84,8% dei rappresentanti delle società scientifiche e il 93,5% dei farmacisti. Mentre la misura meno implementata rispetto al periodo pre-pandemico è stata il rinnovo automatico del Piano Terapeutico, almeno secondo quanto riferito dal 69,6% dei medici di medicina generale, dal 54,3% delle società scientifiche e dal 52,2% dei farmacisti.

Solo 1 medico di famiglia su 2 è ricorso a programmi di telemedicina

Riguardo i programmi di telemedicina, solo 1 su 2 dei medici di medicina generale ha dichiarato che il loro utilizzo è stato implementato rispetto al periodo pre-covid. Mentre più incoraggianti risultano i dati ricevuti dagli altri professionisti della salute: sì per l’82,6% delle società scientifiche e sì per il 76,1% dei farmacisti. Anche le associazioni di pazienti confermano i dati rispetto all’utilizzo della ricetta dematerializzata e delle applicazioni di telemedicina che è cresciuto rispetto al periodo pre-covid. Altri strumenti di digital health, come le app di prenotazione di esami, visite e vaccinazioni, risultano implementati per il 69,6% dei medici di medicina generale, per il 71,7% delle società scientifiche e per il 69,6% dei farmacisti. Una delle procedure maggiormente attivate sul territorio risulta essere la prenotazione di visite ed esami tramite CUP, almeno per il 78,3% dei medici di medicina generale, per l’84,8% delle società scientifiche e il 78,3% dei farmacisti.

Stentano a decollare sia il Fascicolo Sanitario Elettronico che la consegna dei farmaci a domicilio

Secondo il report di Cittadinanzattiva, tra gli strumenti digitali che stentano ancora a decollare c’è il Fascicolo Sanitario Elettronico, sia per quanto concerne la sua attivazione (lo dice il 56,5% dei medici di medicina generale, il 47,8% dei farmacisti e il 67,6% dei rappresentanti di società scientifiche), sia rispetto all’utilizzo quotidiano (47,8% per i medici di medicina generale, 63% per i farmacisti, 56,5% per le società scientifiche). In modo simile, non risulta decollata neanche la consegna di farmaci e di dispositivi al domicilio del paziente, secondo quanto afferma il 69,6% dei medici di medicina generale, non risulta decollata rispetto al periodo antecedente alla pandemia. Anche per le società scientifiche la consegna risulta implementata solo per il 30,1% dei rispondenti. Non sono dello stesso avviso i farmacisti che ritengono sia stata implementata (84%) rispetto al passato.

Fava (Cittadinanzattiva): «Indispensabile far crescere la digitalizzazione dei servizi»

«I dati – commenta Valeria Fava, responsabile coordinamento politiche per la salute di Cittadinanzattiva – ci dicono che è indispensabile far crescere la digitalizzazione dei servizi e lavorare per eliminare la burocrazia inutile. Tra le prime soluzioni: arrivare in breve tempo ad un Fascicolo Sanitario Elettronico diffuso, accessibile ed efficace, rendere la ricetta elettronica permanente e non più soggetta a proroghe continue, rivedere la normativa sui piani terapeutici rendendo la procedura meno burocratica per medici e pazienti, implementare l’utilizzo della telemedicina favorendo programmi di formazione a cittadini/caregiver e operatori sanitari, favorire l’accessibilità al farmaco attraverso modelli di distribuzione più prossimi al paziente e la consegna al domicilio».

Farmaci anti-virali contro Covid sottoprescritti

In riferimento alle cure per il Covid-19, l’indagine evidenzia – con il 65,2% dei medici di medicina generale intervistati, il 42,3% di specialisti e il 43,8% di farmacisti – che negli ultimi 12 mesi alcune terapie hanno subito una sovra-sotto prescrizione rispetto all’appropriatezza: sovra-prescrizione di farmaci antibiotici, antinfiammatori, cortisonici e integratori per il sistema immunitario; sotto-prescrizione, invece, per i farmaci antivirali per il Covid-19 per i pazienti non in regime di ricovero. In riferimento a questi ultimi farmaci, medici, società scientifiche e farmacisti (rispettivamente nelle percentuali del 65,2%, del 50% e del 45,7%) individuano la principale criticità nella mancata comunicazione nei tempi previsti dello stato di positività al Covid-19 da parte del paziente; così come le difficoltà di erogazione delle stesse terapie antivirali sono da rintracciarsi nei tempi ristretti tra l’accertamento della positività e quelli previsti per l’avvio della terapia (per il 47,8% dei medici di medicina generale, il 41,3% delle società scientifiche e il 54,3% dei farmacisti).

Sui farmaci nati-virali permane il timore degli effetti collaterali

Le società scientifiche e i farmacisti segnalano (rispettivamente tra il 30% e il 40% circa) poca conoscenza riguardo agli antivirali contro Covid-19 e a proposito della prescrizione di alternative terapeutiche. Problema, questo, meno segnalato dai medici di medicina generale. Rispetto agli ultimi 12 mesi, i programmi di formazione sono stati diretti ad accrescere le competenze dei professionisti sulle terapie per il Covid -19, come confermano i medici di medicina generale (73,9%) e i farmacisti (63%). La maggior parte dei medici (80%) e dei farmacisti (61%) dichiara che i pazienti a cui è stata prescritta la terapia farmacologica antivirale si fida della proposta fatta dal medico e la assume, anche se permane un certo timore degli effetti collaterali (lo dichiara il 52,2% dei medici di medicina generale, il 28,3% degli specialisti e il 56,5% dei farmacisti).

Fava: «lavorare su informazione dei cittadini e su formazione dei medici»

«Il contrasto al Covid è una battaglia ancora in corso e non dobbiamo abbassare la guardia», dice Fava. «I dati emersi dalla survey suggeriscono che per assicurare l’accesso alle cure per il Covid-19 – continua – è necessario lavorare ancora molto sull’informazione e sulla consapevolezza dei cittadini rispetto ai rischi del Covid sulla salute e quindi sensibilizzare sui comportamenti da adottare per favorire al massimo la tempestività nella presa in carico da parte dei medici e l’avvio delle terapie più appropriate nei tempi utili. Dall’altra è importante lavorare sulla formazione dei medici e dei farmacisti per accrescere le competenze su queste terapie e favorire così la garanzia dell’accesso alle cure».

Allo studio raccomandazione civica su accesso ai farmaci e alle cure

A partire dalle soluzioni sperimentate durante la pandemia, Cittadinanzattiva insieme ad associazioni di pazienti, medici, farmacisti e società scientifiche, sta mettendo a punto una Raccomandazione civica sull’accesso alle cure farmacologiche. La Raccomandazione si cala in uno scenario nazionale e mondiale ancora oggi interessato dal Covid e tiene conto delle nuove opportunità terapeutiche e tecnologiche che la pandemia ha permesso di implementare nel sistema sanitario, puntando a semplificare e migliorare la qualità di vita dei pazienti, soprattutto i più fragili, e di chi li assiste. Il documento, assieme all’ indagine civica sull’accesso ai farmaci  antivirali per la cura del Covid – è parte integrante del progetto «Verso un nuovo modello di accesso alle cure farmacologiche».

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