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Effetto Mandela: cos’è, perché si chiama così ed esempi

Cos’è

L’effetto Mandela si verifica quando una fetta consistente della popolazione ricorda qualcosa che non è mai accaduto o ha un ricordo parzialmente non vero su qualcosa che davvero successo. Si tratta di un fenomeno dato da una sorta di deficit della memoria collettiva, che dà luogo a falsi ricordi. Le cause dell’effetto Mandela non sono del tutto chiarite: l’ipotesi è che il cervello umano non sia efficiente al 100% e che in alcuni casi dia per vere storie plausibilmente vere per suggestione o avvenimenti e fatti verosimilmente possibili.

Le confabulazioni sono un sintomo che si verifica in alcune malattie neurologiche o psichiatriche, in cui i ricordi vengono falsificati e le lacune vengono riempite con pensieri inventati, non in modo volontario. La tendenza a ricostruire il passato mescolando ricordi veri e inventati non avviene però solo in caso di patologie; ognuno di noi può sperimentare un deficit della memoria anche in assenza di malattie, soprattutto su ricordi che riguardano l’infanzia o comunque un periodo lontano della propria vita. Il nostro cervello può infatti ricordare parte di un avvenimento del passato e colmare i vuoti con qualcosa di non vero ma plausibile, purché abbia un senso logico. L’effetto Mandela è ancora più particolare perché non riguarda un solo individuo ma interessa più persone, a volte anche gruppi numerosi. Il fenomeno è abbastanza particolare e, secondo i cospirazionisti, si tratterebbe di una prova dell’esistenza di un universo parallelo; in pratica, alcuni esseri umani verrebbero da un universo alternativo e ne conservano i ricordi, mentre chi ha vissuto da sempre in questo universo, ha ricordi simili ma leggermente diversi. Secondo medici, psichiatri e psicologi, l’effetto Mandela è invece una dimostrazione dell’imperfezione della nostra mente e della sua capacità di ricordare in modo preciso eventi del passato.

Per spiegare l’effetto Mandela si ricorre spesso all’esempio del gioco del telefono che si fa da bambini. In questo gioco, il primo giocatore sussurra a un compagno una frase che poi viene sussurrata a un altro giocatore e così via, fino ad arrivare all’ultima persona. Quando il messaggio giunge all’ultimo destinatario è quasi sempre diverso dal messaggio iniziale, perché ogni bambino lo ascolta e lo ripete in modo diverso. In realtà, però, l’effetto Mandela può essere spiegato più come una sorta di convinzione collettiva che, seppur falsa, diventa vera perché condivisa dalla maggioranza: quando un folto gruppo di persone racconta un evento del passato inventandolo del tutto o in parte, e nel tempo il racconto di quell’evento viene tramandato allo stesso modo, diventa vero per tutti, anche se la verità è diversa dalla memoria. Di solito si tratta comunque di un fenomeno innocuo e privo di conseguenze negative.

Perché si chiama così

Il nome dato al fenomeno dei falsi ricordi deriva da un episodio che risale al 2009. All’epoca, in occasione di una conferenza, Fiona Broome parlò con un addetto alla sicurezza della morte di Nelson Mandela, descrivendola come fatto avvenuto durante gli anni ‘80 mentre l’ex presidente del Sudafrica si trovava in prigione. L’addetto alla sicurezza disse però alla donna che Mandela non solo non era morto durante la prigionia ma era ancora in vita; Nelson Mandela morì infatti quattro anni dopo, nel dicembre 2013. Broome ricordava però nei dettagli la morte di Mandela, incluso il discorso della vedova, così, tornata nella sala della conferenza chiese al pubblico la loro versione dei fatti. Il risultato fu assai curioso, poiché buona parte dei partecipanti ricordava la versione della donna. Poiché questo ricordo era condiviso da altre persone e non solo da Broome, nacque il termine di effetto Mandela e, negli anni successivi, in molti cercarono di dare una spiegazione al fenomeno.

Esempi

Tra gli esempi più comuni di fenomeni che rimandano all’effetto Mandela troviamo i falsi ricordi legati a citazioni tratti da film o cartoni animati. Ad esempio, moltissime persone sono convinte che la strega di Biancaneve allo specchio dica “Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?“. In realtà, la famosa strega dice “Specchio, servo delle mie brame”. In questo caso è possibile che, trattandosi di un cartone animato, molti bambini non sapessero il significato della parola “servo” e che l’abbiano dunque sostituita con “specchio” creando una memoria collettiva diversa dalla realtà.

Un meccanismo simile può essere alla base del fatto che molti di noi ricordano che il costume di Topolino avesse le bratelle, mentre in realtà non le ha, e che l’omino del Monopoli indossasse un monocolo, quando non è così. Probabilmente, i due grandi bottoni sul vestito di Topolino hanno indirizzato il cervello dei più piccoli a immaginare per logica la presenza delle bratelle e l’aspetto un po’ retrò dell’omino del Monopoli ha associato alla sua immagine quella di un monocolo.

Un fatto strano che è stato classificato come effetto Mandela riguarda invece l’uomo che blocco i carri armati in Piazza Tienanmen nel 1989; molte persone sono convinte sia stato poi investito e ucciso ma altri video dell’epoca mostrano l’uomo illeso.

Un altro noto esempio dell’effetto Mandela riguarda il film Star Wars: la frase “Luke, io sono tuo padre”, per quanto celebre, non è stata detta in questo modo poiché il nome Luke non è mai stato pronunciato. In questo caso, il falso ricordo potrebbe essersi creato semplicemente continuando a ripetere la citazione sbagliata, come nel caso del film di Biancaneve. Anche la battuta che apre Blade Runner “Ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare”, non sarebbe mai stata pronunciata in questo modo ma “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”.

Altri esempi di effetto Mandela sono legati a una semplificazione nel percepire le immagini: il logo “Looney Toons” è in realtà “Looney Tunes”, Flintstones è scritto proprio così e non Flinstones, la celebre serie TV è “Sex and the city” e non “Sex in the city” e la W del logo della casa automobilistica Volkswagen ha un trattino in centro, che la maggior parte di noi non ha mai notato.

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