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Per diagnosi infertilità OMS introduce esame DNA spermatozoi

Con il tasso di natalità più basso d’Europa e tra i più bassi del mondo (1,17 figli in media per donna), e con oltre il 15% di coppie alle prese con problemi di fertilità, in Italia il calo demografico sta diventando un’emergenza sociale, da fronteggiare con ogni mezzo a disposizione. Soprattutto identificando con precisione le cause di infertilità. Il 50% dei problemi di infertilità di coppia, infatti, è provocato da un problema maschile le cui cause sono inspiegate con valori spermatici nella norma in circa il 30% dei casi. Motivo per il quale l’OMS ha proceduto ad attuare una rivoluzione nei processi diagnostici per l’infertilità maschile, aggiornando dopo 11 anni le relative linee guida con l’introduzione nella pratica clinica dell’esame del DNA spermatico.

L’edizione italiana di queste nuove linee guida è stata messa a punto dalla SIA (Società Italiana di Andrologia) e dalla SIRU (Società Italiana di Riproduzione Umana), e il board scientifico incaricato dall’OMS – composto da Luca Boeri, Filippo Giacone, Luigi Montano, Tiziana Notari, Ilaria Ortensi e Paolo Turchi – l’ha resa disponibile in meno di dieci mesi online ed in formato cartaceo. Ieri, 22 settembre, in occasione della Giornata Nazionale della Fertilità, la SIA e la SIRU hanno presentato presso l’Ordine Nazionale dei Biologi a Roma il nuovo Manuale di laboratorio per l’esame e il trattamento del liquido seminale.

 Le nuove linee guida OMS sulla fertilità

Le nuove linee guida stabiliscono, in sostanza, che per determinare la qualità degli spermatozoi e la loro probabilità di riuscire con successo a dare inizio ad una gravidanza, non è più sufficiente analizzarne solo concentrazione, forma e motilità, ma è necessario esaminarne anche il DNA. Si tratta di un esame che richiede un’accurata competenza dell’operatore che lo esegue, ed infatti nel Manuale è sottolineata la necessità di aggiornamento e formazione da parte per il personale preposto.

«Lo spermiogramma resta l’esame per eccellenza – afferma il presidente SIA Alessandro Palmieri – tuttavia da solo non è predittivo della effettiva capacità fecondante degli spermatozoi, che risente di una serie di variabili collegate all’identita genomica degli stessi». «Identità genomica – sottolinea Luigi Montano, presidente SIRU – strettamente correlata non solo allo stile di vita del soggetto, ma anche alle esposizioni ambientali, all’inquinamento, che incidono sulla capacità fecondante anche in presenza di valori nella norma».

«La diffusione dei contenuti delle nuove linee guida a tutti gli operatori dei laboratori di analisi, non solo a quelli dei centri di procreazione medicalmente assistita – proseguono i presidenti delle due Società scientifiche – per una più corretta e ampia analisi del liquido seminale sarà essenziale sia per una maggior precisione nelle diagnosi di infertilità e di individuazione della problematica precisa, sia, di conseguenza, per ottimizzare i tempi nel raggiungimento di una gravidanza fronteggiando così il grave problema del calo delle nascite nel nostro Paese. Una valutazione del liquido seminale, inoltre, dovrebbe essere eseguita a 18 anni a tutti i giovani maschi prima della visita andrologica».

«È importante notare che i parametri di normalità riferiti all’efficienza degli spermatozoi non indicano un valore assoluto – sottolinea Paolo Turchi, andrologo, specialista in sessuologia e componente della SIA – ma una percentuale ricavata in base al confronto con campioni seminali di individui sicuramente fertili, le cui partner hanno concepito entro 12 mesi dalla sospensione dei metodi contraccettivi. Questi parametri, aggiornati ora sulla base dello studio di una popolazione più ampia, in termini numerici e di distribuzione geografica, contribuiscono a sfumare una presunta linea netta di demarcazione tra  fertilità e infertilità».

L’esame del Dna spermatico

Come dicevamo, la novità più importante delle nuove linee guida consiste nei test del DNA del liquido spermatico. «L’OMS riconosce che non è più sufficiente fermarsi alla valutazione dei parametri classici, quali concentrazione, motilità e forma degli spermatozoi – afferma Ilaria Ortensi, componente del Comitato Esecutivo SIA, biologa tra le curatrici del nuovo Manuale – ma è fondamentale integrare queste informazioni con quelle sulla frammentazione del DNA degli spermatozoi» – «L’analisi della frammentazione del DNA visualizza la rottura dei filamenti del DNA degli spermatozoi, mentre la valutazione della cromatina consiste nell’esame di specifiche proteine che legano il DNA nemaspermico aggiunge Tiziana Notari, componente del Consiglio Direttivo SIRU e co-curatrice del Manuale -. Tra le procedure introdotte nello studio del DNA spermatico, sono inclusi anche i test genetici e genomici utilizzati, principalmente, per identificare il numero di cromosomi presenti negli spermatozoi»

Altre novità riguardano le tecniche di trattamento e crioconservazione degli spermatozoi, destinate principalmente ai biologi che operano nei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita. «In particolare, è stata introdotta la tecnica della separazione degli spermatozoi migliori, dal rimanente pool di spermatozoi presenti nell’eiaculato, attraverso l’utilizzo di un campo magnetico attivato per la selezione cellulare, che viene denominata MACS, acronimo inglese di ‘Magnetic Activated Cell Sorting’» – riferisce Filippo Giacone, biologo coordinatore del gruppo di interesse speciale SIRU per la donazione e preservazione della fertilità.

Percorsi formativi definiti per migliorare i processi e combattere denatalità

«Una valutazione accurata della propria salute riproduttiva è sicuramente il primo passo per combattere l’ondata di denatalità che affligge il nostro Paese – afferma infine il presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi Vincenzo D’Anna – così come è necessario mettere a sistema tutte le professionalità e competenze coinvolte in questi processi. L’Ordine ha già da tempo avviato dialoghi con le istituzioni per l’attivazione di una Scuola di Specializzazione dedicata proprio alla formazione degli operatori del settore della riproduzione umana. Non è più ammissibile che non vi siano dei percorsi formativi, accademicamente riconosciuti ed unificati sul territorio nazionale, per i biologi che si occupano di concepimento umano. Tuttavia – aggiunge D’Anna – tale lacuna formativa è presente anche negli altri stati europei e, pertanto, ci si sta muovendo a livello delle istituzioni europee per risolvere questa problematica».

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