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Sfida allo stigma clinico dell'obesità | Sanità Informazione

L’obesità rappresenta oggi una priorità per il nostro Servizio Sanitario Nazionale. I numeri parlano chiaro: in Europa, il 53% della popolazione ha un indice di massa corporea superiore alla norma e il 17% è obeso. Per quanto riguarda il nostro Paese, l’obesità interessa l’11% della popolazione, percentuale che sale al 18% negli adolescenti. E sono proprio i numeri relativi ai bambini e ai giovanissimi a non confortare. Stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2020 erano in sovrappeso o obesi circa 39 milioni di bambini: condizioni dalla portata epidemica, che spaventano soprattutto per le conseguenze sulla salute degli adulti di domani, predisponendo a un maggior rischio di malattie cardiache, diabete, patologie oncologiche e altre cronicità.

Obesità, la storia di Mickel

In una mia intervista pubblicata nel canale YouTube Salute in Capsule https://www.youtube.com/@saluteincapsule ho affrontato il tema della “sfida all’obesità” con un ragazzo di 26 anni,  Mickel Bura, che a seguito di un intervento di chirurgia bariatrica, è passato da 185 Kg a 110 Kg, e che sta affrontando con determinazione la sfida a questa patologia cronica. Dal confronto sono emersi interessanti spunti di riflessione anche alla luce della recente pubblicazione dello studio internazionale ACTION-IO che ha coinvolto 11 Paesi in cinque continenti con l’intento di identificare le percezioni, le attitudini, i comportamenti e gli ostacoli per la cura dell’obesità sia per le persone che per i medici. I risultati della survey condotta in Italia mostrano evidenti criticità: l’84 per cento delle persone con obesità è consapevole della loro condizione ma solo il 60 per cento la ritiene una malattia cronica. Purtroppo la maggior parte delle persone con obesità ha dichiarato che preferisce gestire il proprio peso autonomamente. Tuttavia, molti sistemi sanitari, sia pubblici che privati, non offrono per il paziente con obesità lo stesso livello di assistenza che viene erogato per altre malattie croniche (come il cancro, il diabete, le malattie cardiovascolari e le malattie reumatiche). In Italia, l’obesità non è inclusa nell’elenco delle patologie croniche per le quali è previsto uno specifico setting di prestazioni coperte da esenzione, l’accesso all’educazione terapeutica e a programmi intensivi di modificazione dello stile di vita è limitato nel sistema sanitario nazionale per il paziente con obesità, scarsa è l’offerta pubblica di programmi di terapia cognitivo-comportamentale, nessuno dei farmaci disponibili con specifica indicazione nella terapia dell’obesità è rimborsato dal sistema sanitario nazionale.

Obesità e trattamenti farmacologici

È proprio nella gestione di questa tipologia di trattamenti farmacologici che si sta generando una campagna di disinformazione mediatica, anche attraverso l’uso dei social network. L’uso del semaglutide e del liraglutide come affermato dal Presidente della Società italiana dell’obesità e professore di medicina interna all’università di Padova, è stato approvato anche contro il grasso in eccesso: “L’obesità è una malattia seria come il diabete. La terapia esiste e va utilizzata”. E, infine, l’accesso alla terapia chirurgica bariatrica, secondo percorsi terapeutici che garantiscono un follow-up multidisciplinare, è molto difficile soprattutto in alcune aree del Paese. Questa disparità di trattamento, che fa sì che il paziente con obesità abbia minor tutele e minori occasioni di cura rispetto ai pazienti affetti da altre patologie croniche, è riassumibile nel termine di stigma clinico ed è probabilmente la conseguenza di una vecchia narrativa, che ha considerato l’obesità semplicemente come una condizione legata all’adozione volontaria e colpevole di comportamenti e stili di vita errati. Lo stigma clinico nei confronti dell’obesità va combattuta a tutti i livelli promuovendo una narrativa che consideri in tutto e per tutto l’obesità come una malattia cronica complessa e recidivante, allo stesso modo di quanto già in essere per tutte le altre malattie croniche.

Obesità, cambiamo approccio

È urgente un approccio diverso, che riconosca che l’obesità non è la semplice risultante di un bilancio tra calorie in entrata e calorie in uscita, ma una patologia cronica complessa per la quale si dovrebbe stilare una lista di strategie olistiche multidisciplinari per garantire che venga fornito un sostegno efficace alle persone obese. In una presa di posizione sull’obesità, l’ICN sottolinea il ruolo strategico che gli infermieri e le organizzazioni infermieristiche nazionali possono svolgere nella promozione di uno stile di vita positivo, compreso il mantenimento del peso e l’educazione nutrizionale (Sheehan e Yin, 2006).La prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento appropriato dell’obesità sono di grande importanza nella pratica infermieristica in tutti i contesti e non devono essere sottovalutati. Gli infermieri possono e devono partecipare alla promozione della salute e all’educazione (Sheehan e Yin, 2006) per la prevenzione dell’obesità. Anche l’’uso di strumenti completi di valutazione nutrizionale, in particolare da parte degli infermieri scolastici, è una misura significativa nella diagnosi precoce e nella prevenzione dell’obesità (Grive e Finnie, 2002). L’obesità non è una sfida nuova nel campo della salute ed esistono molte strategie per combatterla. Se la tendenza attuale non subirà modifiche, l’obesità ed i considerevoli costi economici ad essa associati, continueranno ad aumentare e costituiranno un onere ancora superiore per i sistemi sanitari e per la società più in generale.

Articolo a cura del dottor Andrea Merlo – Infermiere Vicepresidente OPI Padova

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